Vela, benvenuti al Circolo Velico, la "culla" di Luna Rossa: "Una scuola di vita, qui sono cresciuti tanti talenti"

Romagna | 23 Gennaio 2021 Sport
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Tomaso Palli
Nuova Zelanda e Italia, Auckland e Ravenna. Un filo diretto che in questa settimana collega soprattutto il golfo di Hauraki al Circolo Velico Ravennate di Marina di Ravenna, lì dove sono cresciuti alcuni protagonisti impegnati nella Prada Cup con una speranza chiamata America’s Cup. Chi conosce tutti i segreti del circolo e dei protagonisti ora dall’altra parte del mondo è Jacopo Pasini, membro del consiglio direttivo, che ci «apre» le porte di questo lungo viaggio.
Pasini, voliamo subito ad Auckland. Dal vostro Circolo Velico Ravennate arrivano i velisti Jacopo Plazzi e Umberto Molineris. Che ragazzi sono?
«Con Umberto andavo in barca. Sono due ragazzi che si sono sempre impegnati moltissimo a perseguire obiettivi di alto livello. Loro rappresentano la vela sana fatta di gavetta, allenamenti e impegno e incarnano i valori del Circolo che vogliamo trasmettere. Nonostante ora siano due “vip”, quando tornano a Ravenna sono sempre disponibili per dei momenti con i ragazzi. Come circolo siamo loro tifosi orgogliosi che siano ad Auckland».
Nell’organizzazione della Prada Cup, Antonio Vettese e Matteo Plazzi sono suoi colleghi nel consiglio direttivo.
«Antonio è un grandissimo professionista che conosco da tanti anni: quello è il suo ambiente naturale. A Matteo Plazzi sono molto legato, ho un contatto giornaliero nonostante sia l’uomo di riferimento dell’organizzazione, un boss in quell’ambiente. Sembra assurdo visto il ruolo che ricopre, ma è la persona che tiene più di tutti al circolo, pronto sempre ad aiutare. Lui è un po’ il mentore per noi giovani». 
Come vede Luna Rossa?
«Il livello è altissimo. Rispetto alla Christmas Race sono cambiate le carte in tavola con Luna Rossa la più costante, gli americani (American Magic, ndr) ora in un periodo di down mentre gli inglesi (Ineos Team UK, ndr) in crescita. Luna Rossa sembra essere un filo indietro rispetto agli inglesi ma è ancora lì». 
Cos’ha Emirates Team New Zealand in più?
«La cultura marinara: masticano vela e rugby da quando sono piccoli ed è scontato che un bambino vada in barca. E poi c’è l’organizzazione del team che negli anni è sempre rimasto mentre gli altri o sono nuovi o hanno staccato per qualche anno». 
Una sfida finale tra Luna Rossa e i neozelandesi?
«Tosta anche perché l’imbarcazione è stata sviluppata dal Team New Zealand e Luna Rossa, ma i neozelandesi sono stati gli ultimi a varare la barca numero 2 tenendo segreta la sua evoluzione. Detto questo, basta un errore per ribaltare la situazione». 
Ora passiamo al Circolo Velico: qual è il vostro obiettivo?
«Creare velisti appassionati. Avere gente legata al mare e che sappia vivere il Circolo. Ben venga se diventano atleti di primo livello, ambiamo anche a quello, ma è una conseguenza del lavoro: più il livello è alto e più saremo di ispirazione per i giovani. La vela è una scuola di vita che rende autonomi perché in mare devi imparare a remare da solo». 
Cosa significa «vivere il Circolo»?
«Il circolo è prima di tutto un gruppo di persone. Cerchiamo di avere un ambiente sano a livello sportivo e sociale. Un atleta del Circolo Velico Ravennate non deve sentirsi in balia di ciò che accade, bensì parte dell’organizzazione: una cultura di team allargato a 360°, una grande famiglia che persegua obiettivi velici. Un ambiente competitivo, sportivo e sano». 
Ha fondato il Ravenna Sailing Center. Come si inserisce nell’attività del Circolo? 
«Si occupa di vela d’altura, è il settore della formazione, una sorta di scuola che utilizza i Tom28 (imbarcazione, ndr). Abbiamo creato un brand con il quale poterci proporre sul mercato per organizzare eventi e corsi di formazione».
Lei come ha iniziato?
«D’estate. Da lì è nata la una passione e la possibilità di viaggiare è stata fondamentale per la mia scelta. Perché viaggiare deve essere un piacere, non un sacrificio. Al massimo un grosso impegno. E oggi lo è anche di più».
Ci spieghi.
«Quando ero bambino, facevamo 130/150 giornate tra regate e allenamenti mentre ora si arriva anche a 200. È molto interessante ma il rischio più grande è quello di allontanare i ragazzi. Serve trovare un equilibrio formativo, educativo, di scuola ma anche di piacere».
Ma è vero che è uno sport d’élite? 
«È un costume legato al fatto che chi ha la barca è benestante. Avere un’imbarcazione d’altura per le vacanze non ha nulla a che vedere con lo sport della vela che ha certamente un costo ma non maggiore rispetto ad altre attività. Se entriamo in ambito professionistico, i costi allora possono alzarsi ma restando alla sola passione, la vela è particolarmente accessibile».
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