Ravenna, al Festival delle Culture la ricercatrice Farian Sabahi parla delle contraddizioni dell’Iran
Elena Nencini
Entra nel vivo il Festival delle culture con ospiti internazionali come Kader Abdolah e Maaza Mengiste, ai quali verrà consegnato il premio Intercultura città di Ravenna 2024 (vedi programma nel box). A moderare l’incontro venerdì 24 con lo scrittore Kader Abdolah sarà Farian Sabahi, ricercatrice senior in Storia contemporanea all’università dell’Insubria, che sabato 25, alle 17 presenterà il suo libro «Noi donne di Teheran» in Classense.
Sabahi, giornalista e scrittrice italo-iraniana, racconta l’Iran, la sua società e le sue contraddizioni. Il volume è composto da tre parti: una prefazione sulle proteste scatenate dalla morte della ventiduenne Mahsa Amini, il testo il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. Il testo, narrato in prima persona femminile, porta il lettore a scoprire le origini della capitale iraniana e le sue contraddizioni. Sullo stesso argomento Sabahi ha anche scritto »Storia dell’Iran 1890-2020» (Saggiatore 2020).
Sabahi, cosa vuole dire essere bambine, ragazze e poi donne oggi in Iran?
«Le bambine e le ragazze iraniane hanno il diritto allo studio e rappresentano due terzi delle matricole e delle laureate della Repubblica islamica. Una situazione quindi agli antipodi rispetto al vicino Afghanistan, dove le ragazzine smettono di studiare a dodici anni e dove le donne non possono allontanarsi per più di 72 km dalla propria residenza se non sono accompagnate da un parente di sesso maschile. Dal punto di vista giuridico, le iraniane valgono la metà, rispetto a un uomo, quando testimoniano in tribunale, quando ereditano (rispetto ai fratelli, spetta loro una quota del 50 percento) e quando reclamano un risarcimento. Ottenere il divorzio presuppone adire le vie legali, e la custodia dei figli avviene soltanto a determinate condizioni. La donna sposata ha bisogno del permesso scritto del marito per espatriare. Inoltre, come ad altre latitudini, molto dipende dalla famiglia in cui si nasce. Se si è figlie di una famiglia benestante, è tutto più facile».
Pensa che le donne potrebbero essere l’elemento di un forte cambiamento in Iran?
«Le iraniane sono protagoniste di femminismi – al plurale – già dalla fine dell’Ottocento. Hanno di fatto cambiato la società iraniana, tant’è che è molto diversa rispetto a quella dei paesi limitrofi: le iraniane studiano, si laureano, intraprendono una carriera (seppur siano pagate meno degli uomini, come peraltro in Europa e negli Stati Uniti), leggono e scrivono poesia e prosa. Al ministero della Cultura di Teheran sono annoverate più scrittrici che scrittori. Le iraniane sono attive nel cinema. Il movimento Donna vita libertà si innesta su questa battaglia per i diritti che va avanti da oltre un secolo».
La morte del presidente Raisi potrebbe portare a dei cambiamenti importanti nel paese?
«I vertici di Teheran hanno subito colmato il vuoto politico lasciato dalla morte del presidente Raisi e del ministro degli Esteri, in attesa delle elezioni che si dovrebbero tenere entro la prima settimana di luglio, forse il 28 giugno. Da oggi fino al 3 giugno, i candidati potranno registrarsi, dopodiché la campagna elettorale avrà luogo tra il 12 e il 27 giugno. A correre, in queste presidenziali, saranno però soltanto coloro che passeranno le forche caudine del Consiglio dei Guardiani, un organo di 12 giuristi, di diritto islamico, molto vicini al leader supremo. Saranno quindi esclusi tutti coloro che non sono espressione del potere. Già si prevede un basso afflusso alle urne, come peraltro nelle ultime elezioni del parlamento, a marzo. Chi vince, resterà in carica 4 anni, e quindi in futuro gli iraniani andranno alle urne nello stesso anno per scegliere il presidente e i 290 deputati di un parlamento che risale a inizio ‘900. Così facendo, le elezioni iraniane coincideranno con quelle negli Stati Uniti. Nel frattempo, a sostituire il presidente Raisi sarà il suo vice, Mokhber, un personaggio che ha una lunga esperienza in fondi di investimento ed è stato a Mosca per rifornire Putin di missili e droni. Ministro degli Esteri ad interim sarà Baqeri-Kani, già negoziatore del dossier nucleare. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, così disse Tancredi nel Gattopardo, e così è in Iran: cambiano i personaggi, ma tutto resta saldamente nelle mani del leader supremo, l’ayatollah Khameneì che ha l’ultima parola su tutto, politica estera e nucleare inclusi».
L’Europa e l’Italia potrebbero fare qualcosa per la causa delle donne in Iran?
«Sarebbe importante non spegnere i riflettori sull’Iran e sulle violazioni dei diritti umani, tenendo ben presente che nel 2023 le condanne a morte sono state oltre ottocento. Di pari passo sarebbe però importante anche riflettere sull’effetto nefasto delle sanzioni internazionali sulla popolazione iraniana: le donne (e gli uomini) in Iran pagano un prezzo altissimo, anche in termini di farmaci salvavita non disponibili nella Repubblica islamica. Le sanzioni internazionali hanno messo in ginocchio la popolazione, ma non la leadership al potere. Come peraltro era accaduto ai tempi di Saddam Hussein, in Iraq».