Sono sei anni che Roberto Farné, professore dell'Università di Bologna, ha iniziato un importante lavoro sulla cosiddetta outdoor education, l'educazione all'aria aperta che in molti servizi educativi italiani non viene ancora vista di buon occhio. E tra le realtà coinvolte nella formazione degli insegnanti c'è anche il Comune di Ravenna, che insieme all'Unione dei Comuni della Bassa Romagna si è messo in discussione per cambiare la mentalità di famiglie e personale dei servizi: «L'adesione ci dimostra che il problema della riconquista degli spazi esterni da parte dei bambini è sentito con disagio e contraddizioni. Non solo resta la vecchia mentalità secondo la quale andando fuori ci si ammala di più e ci si fa male. Ma c'è anche la questione delle normative sulla sicurezza, che spesso remano contro impedendo che i bambini facciano esperienze in realtà importantissime a livello pedagogico». Farné, che sul tema ha scritto, insieme a Francesca Agostini, il libro «Outdoor education. L'educazione si-cura all'aperto», sarà uno dei relatori degli Stati Generali dell'Infanzia, dove parlerà dell'alleanza tra genitori, insegnanti, enti locali ed enti preposti alla sicurezza che è necessaria per implementarla sul serio, l'outdoor: «Un esempio pratico? Le sabbiere in molte scuole sono sparite. Eppure, se si va in Trentino, le si trovano eccome. Idem per l'allestimento degli spazi esterni con materiali grezzi: guai mai. Io dico che non possiamo espropriare i bambini di esperienze importanti come quella di vivere lo spazio esterno, dove non solo si acquisiscono competenze cognitive ma dove si rafforzano anche le difese immunitarie. Abbiamo da poco concluso una ricerca con la cooperativa il Millepiedi di Rimini, che ha dimostrato come grazie ai progetti di outdoor siano diminuite le assenze dei bambini».