Ravenna, la stagione d’Opera dell’Alighieri parte in streaming con l’«Histoire du soldat» diretta da Luca Micheletti
Federico Savini
«La libertà maggiore che ci siamo presi in questo allestimento che, per tanti aspetti, è assai più filologico della media, è quella di inserire come intermezzi tre brani per clarinetto solo che Stravinskij scrisse in omaggio a Werner Reinhart, il mecenate che promosse il debutto dell’impresa. Far risuonare uno strumento solo in un teatro vuoto che, mai come ora, ha “fame” di spettatori, ci è parso appropriato e suggestivo nel contesto pandemico. E’ come un grido di dolore, per tornare a veder piene le sale». Il regista Luca Micheletti ha fatto scelte precisissime per l’allestimento dell’Histoire du soldat di Igor Stravinskij, che varrà come virtuale apertura della stagione operistica del teatro Alighieri di Ravenna, all’interno del quale l’opera è stata eseguita nei giorni scorsi per venir poi trasmessa in streaming, sui canali del Ravenna Festival (ravennafestival.live), da sabato 23 gennaio alle 18.
Diretta da Luca Micheletti con la concertazione di Angelo Bolciaghi, la produzione della compagnia teatrale I Guitti e del CamerOperEnsemble, l’opera vede in scena altri quattro interpreti oltre allo stesso Micheletti, che vestirà i panni del diavolo, a dividersi la scena con Massimo Scola (il soldato), Valter Schiavone (il narratore) e Lidia Carew (la principessa), con le scene danzate affidate ad Andrea Bou Othmane. L’Histoire du soldat è uno dei grandi capolavori dell’opera novecentesca, un monumento alla creatività con mezzi limitati, dato che Stravinskij e lo scrittore Charles-Ferdinand Ramuz la crearono nel teatro di Losanna in piena epidemia di Spagnola, lavorando quindi con organici e mezzi sottodimensionati rispetto all’opera classica, contingenza che portò alla nascita di un capolavoro di contaminazioni musicali e temi immortali, a partire da quello sempiterno del patto col Diavolo.
«Non c’è dubbio che il fatto di essere nata nel pieno di un’epidemia abbia influenza la nostra scelta di lavorare oggi all’Histoire du soldat - spiega Luca Micheletti – ma ci sono altre circostanze, tutte abbastanza magiche, dietro a questa scelta».
Perché quindi Stravinskij, oltre al rimando all’epidemia di cent’anni fa?
«Parliamo di uno degli esempi in assoluto più originali di teatro musicale da camera del XX secolo. Il fatto che sia nata in un periodo durissimo è, di per sé, un segnale di speranza. Per noi poi lancia un ponte sull’attività del Ravenna Festival e in particolare al Faust di Schumann. Inoltre Stravinskij è morto proprio 50 anni fa».
Quali scelte registiche avete fatto?
«La principale “novità”, se così posso chiamarla, sta nel reintegro di alcune scene mai più rappresentate dopo il debutto del 1918. Già nel ’24 Stravinskij opzionò un testo diverso e del copione originale esistono tre copie dattiloscritte in tutto. Questo interesse filologico ha comportato un allestimento abbastanza complesso, con qualche nuovo doppio fondo. La collaborazione tra il Ravenna Festival e i Guitti, che sono orgoglioso di rappresentare e con i quali intendo omaggiare quel mondo che a lungo si fece carico di portare al cultura cosiddetta “alta” alle classi cosiddette “basse”, mi consente di ispirarmi alla tradizione del teatro ambulante. E poi di raccontare quel tema sempre attuale della compravendita dell’anima, che si può pensare di cedere per sapienza, ricchezza o felicità. Stravinskij, costretto dall’emergenza del tempo, voleva proprio re-inventare il teatro ambulante. Attraverso la regia ho voluto dare risalto a questa componente meta-teatrale, una linea che avvicina il mio lavoro anche sul Faust di Schumann. In fondo proprio Goethe suggeriva che il teatro avesse gli strumenti giusti per rappresentare l’Inferno, per dare corpo a qualcosa di infinito usando mezzi finiti».
Il fatto di allestire uno spettacolo per lo streaming, quindi per le telecamere, ha influenzato le vostre scelte?
«Sono mesi che lavoriamo tenendo conto di questo aspetto, pur continuando a costruire progetti che vengono pensati per il teatro tout court, e quindi per il pubblico in sala. Questo perché lavoriamo nella cornice di un teatro e non possiamo snaturarla. Nello stesso tempo, non si può non tener conto del fatto che per valorizzare il teatro in video non ci si può limitare alla mera visione frontale, abbiamo visto che non funziona. Quindi attraverso il video cerchiamo di mostrare qualche aspetto in più, anche del backstage, per arrivare ad una visione più “immersiva” nell’evento».