Processo Cagnoni, la madre dell'imputato disse alla polizia a Firenze che la nuora era morta prima che il cadavere venisse scoperto
"Mia nuora è morta da 2/3 giorni. E' stata uccisa da un albanese durante una rapina avvenuta in una villa disabitata a Ravenna". Queste le parole di Vanna Costa, madre di Matteo Cagnoni, accusato dell'omicidio della moglie, Giulia Ballestri che sono state riportate alla Corte d'Assise dal vicequestore aggiunto di Firenze, Maria Assunta Ghizzoni, il 26 gennaio durante l'undicesima udienza del processo. Il 18 settembre 2016, alle 22,30, qualche ora prima che Giulia venisse trovata cadavere nella villa di via Padre Genocchi, la Ghizzoni venne informata dai colleghi di Ravenna che era necessario effettuare una perquisizione sulle auto di Matteo e Mario Cagnoni nella casa fiorentina di quest'ultimo. La Polizia con una squadra di sei elementi entra nella villa che viene loro aperta da Mario ed avvisa che si sta cercando il figlio Matteo. Mario dà risposte evasive: dice inizialmente che Matteo è in casa poi che non sa dove sia. Intanto la polizia lo cerca in casa dove trova la madre di Matteo, Vanna Costa alla quale la Ghizzoni chiede ancora di Matteo. "Mi diceva è qui, è lì - ha spiegato Ghizzoni - così io le chiedevo di mostrarmi dove fosse e intanto lo cercavamo nelle varie stanze della villa". La Ghizzoni, alle 24,48 riceve un sms dai colleghi di Ravenna che la informano del ritrovamento di un cadavere, senza specificare il sesso nè che si trattava della moglie di Cagnoni. Intanto la poliziotta sale al primo piano, apre la porta di una stanza e vi trova i tre figli di Matteo e Giulia che dormono, quindi richiude la porta e chiede alla Costa se fossero i nipoti e, nuovamente, dove fosse il padre. Ed è a questo punto che la madre di Cagnoni le dice, appunto che i bambini erano da lei perchè la nuora era morta da qualche giorno. Sorpresa per l'affermazione la Ghizzoni chiede come faccia la signora a sapere una cosa simile che nessuno sa e la Costa risponde che forse la notizia non è ancora uscita "perchè è successa solo da pochi giorni". A quel punto il marito Mario la sente e la redarguisce seccamente intimandole di stare zitta. La difesa di Cagnoni punta il dito contro il corretto svolgimento dell'operazione. "Avrebbero dovuto redigere un verbale di sommaria informazione- sottolinea Francesco Dalaiti - e la signora Costa avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere". Il Pm Cristina d'Aniello, però, sottolinea che le dichiarazioni rese dalla madre di Cagnoni, in maniera spontanea ed estemporanea e non sotto interrogatorio, possono essere annotate anche in un secondo momento e comunque essendo di interesse investigativo sono state riferite dalla Ghizzoni ai colleghi ravennati. Inoltre sottolinea che la Costa avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere nel caso fosse stata informata che il figlio era indagato di omicidio, cosa che, verrà effettuata solo la mattina seguente, perchè nel momento in cui la polizia entra a Firenze non sta indagando per omicidio, ma ha avuto indicazione solo di fare una perquisizione. La polizia continua a cercare Matteo e, all'esterno della casa nota che una finestra di una parte di casa che mario aveva detto essere affittata e che, poco prima era chiusa, ora è aperta. Notate le telecamere all'esterno, la polizia chiede a Mario Cagnoni di poter visionare le immagini della videosorveglianza in cui vede sia l'arrivo di Mario e Matteo (che erano stati a Bologna dall'avvocato Trombini) alle 24,09, Matteo che scarica alcune cose dalla Mercedes classe A e che porta in cantina. Vedono anche Matteo Cagnoni che fugge da una finestra al primo piano all'1,21, pertanto diramano l'allarme alle volanti. In casa la polizia sequestra i vestiti trovati in camera di Matteo tra cui una giacca chiara nel cui taschino c'è il portafoglio, 1500 euro in contanti e il passaporto ed un paio di jeans nella cui tasca verrà trovato un frammento di legno insanguinato. Vengono anche sequestrati i due cuscini che Cagnoni aveva scaricato dall'auto e che poi la Scientifica scoprirà appartenere a due poltroncine della villa in cui Giulia è stata uccisa, un paio di Timberland trovate ad asciugare su un termosifone e che Mario Cagnoni dice essere calzature usate per "andare nell'orto", oltre ai tre passaporti dei figli di Cagnoni. Alle 3,30 in via Faentina a diversi chilometri da casa dei genitori, una volante intercetta Matteo che, a piedi, è arrivato sul confine del comune di Fiesole, ma lui si divincola e scappa sull'argine di un fiume. Quando torna nella villa dei genitori, alle 5,50, viene bloccato in giardino da un poliziotto: ha le scarpe e i pantaloni bagnati, è a petto nudo (la camicia l'aveva persa durante il primo tentativo di fermo) e pieno di graffi. Viene portato in Questura a Firenze dove arriva il fermo per indiziato di delitto. Cagnoni, interrogato a Firenze dichiarò di essere fuggito perchè spaventato dagli agenti in tenuta da sommossa che avevano fatto irruzione nella villa dei genitori, mentre la Ghizzoni ha spiegato che erano tutti in borghese, ma ovviamente armati essendo un'operazione di polizia ed avendo saputo che Cagnoni deteneva legalmente una pistola.