Basket B, il nuovo arrivato Santucci carica Faenza: "Siamo giovani ma con talento"
Valerio Roila
Bisogna seminare un carattere per raccogliere un destino. Perché a volte non puoi scegliere la cornice della tua vita, ma puoi dipingerne il contenuto. Matteo Santucci, guardia/ala classe 1998, ha fatto così. La palla da basket in mano gliel’ha messa il destino. Sotto forma di papà Pierluigi, prima giocatore, poi allenatore, infine dirigente della Tiber, uno dei sodalizi capitolini più titolati per l’attività giovanile. Il resto l’ha dovuto mettere lui. Si parte da Roma, quartiere Montesacro, PalaDonati, quartier generale della società bluarancio: «Avevo forse cinque anni - ricorda il nuovo acquisto della Rekico - e frequentando sempre la palestra assieme a mio padre, prendere la palla in mano e tentare di fare canestro è stato un percorso naturale».
Alla Tiber non hanno certo paura di buttare nella mischia i giovani. Se poi hanno qualcosa dentro, lo faranno sempre meglio. Per Santucci l’esordio in C arriva a 15 anni. L’esplosione nella stagione 2016/2017, quando segna 12 punti medi, trascinando la sua società per la prima volta alla promozione in Serie B: «Eravamo un ottimo collettivo, rodato da tre o quattro anni di continuità. Una soddisfazione enorme per tutti noi. E siamo rimasti compatti anche nella categoria superiore: quasi tutti gli elementi che hanno conquistato questo storico traguardo sono stati confermati, felici di rimanere».
Nel frattempo Matteo assaggiava anche l’aria della A2, allenandosi con l’Eurobasket, grazie alla collaborazione tra le società: «È stato per me il primo impatto con un altro livello di gioco, con gli americani, con degli allenamenti di intensità pazzesca. Un’esperienza che mi ha fatto crescere mentalmente, facendomi capire quanto ancora dovessi migliorare».
E dopo la stagione in B con la Tiber, Santucci ci prova davvero a fare il grande salto e va per la prima volta lontano da casa, firmando per Jesi, in A2: «L’ambientamento non è stato immediato, in seguito mi sono trovato bene in squadra, ma non sono riuscito a trovare spazio nelle rotazioni, ed avevo bisogno di minutaggio per entrare in ritmo».
Così arriva la decisione di tornare in Serie B, a metà stagione scorsa, nell’ambiziosa Palestrina: «Una squadra piena di talento e di esperienza, connotata da giocatori di provenienza argentina (Ochoa, Carrizo e Morici, ndr) che mi hanno insegnato molto. È stata una bellissima cavalcata, con un sogno promozione svanito purtroppo all’ultimo assalto, al fotofinish di gara 5 di finale con San Severo».
Ed arriviamo ai giorni nostri, con la firma con Faenza. Squadra «verde» con un regista navigato e tanti prospetti molto promettenti: «Sono felicissimo della scelta. Ho parlato con coach Friso ed ho intuito in lui quella fiducia nei miei confronti che mi è un po’ mancata nell’ultima stagione. La rosa è giovane, indubbiamente, ma non priva di esperienza e di talento. Spetta a noi dimostrare di aver voglia di migliorare, allenandoci duramente».
Il carattere per forgiare il destino non gli manca. Lo dimostrano le sue idee chiare a proposito del futuro, che fanno dimenticare il fatto che abbia solo 21 anni: «Mi piacerebbe rimanere in questo ambito, perché sono uno sportivo a 360 gradi. Amo tutte le discipline, ma dopo il basket metto il calcio. Fede? Laziale. Sto pensando di iscrivermi all’Università. Scienze Motorie potrebbe essere la scelta fatta per me». Matteo Santucci è già pronto per dipingere il contenuto del suo quadro.