FAENZA | I Fratelli Lega ristampano il pionieristico libro «non semantico» dello scultore

Ravenna | 01 Novembre 2017 Cultura
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Sandro Bassi
Doppia uscita per la storica casa editrice faentina «Fratelli Lega», che pubblica il quinto numero di Nautilus, rivista di studi e ricerche del liceo Torricelli-Ballardini e il volume Riproporre il «silenzio» per le Contemplazioni di Arturo Martini (48 pagg.), a cura di Maria Gioia Tavoni, già direttrice della biblioteca Manfrediana.
Nautilus è, come sempre, incentrato su argomenti di storia, arte e letteratura locali (ma non solo): questo numero tratta del teatro di Dario Fo, di Domenico Rambelli insegnante alla scuola di ceramica e di Giacomo Leopardi sotto tre diversi punti di vista.
Il libro su Martini merita un approfondimento. Il grande scultore trevigiano soggiornò a Faenza nel 1918, in una fase della sua vita a dir poco drammatica: era stato allontanato dal fronte per «disturbi nevrastenici», assegnato come operaio a una fonderia di produzione bellica ma aveva ottenuto diverse licenze per convalescenza, peregrinando disordinatamente fra l’una e l’altra e beccandosi un’infezione di spagnola a cui sopravvisse per miracolo; in questo anno realizzò diverse opere: perlomeno il fonte battesimale di Rivalta, un piccolo bassorilievo per il battistero di Sant’Ippolito (replicato, a quanto scrive lo stesso Martini, per altre chiese anche se a tutt’oggi non sono emersi riscontri), alcune ceramiche, una fascinosa «cheramografia» e infine il libretto Contemplazioni, che in questa prima edizione (ne seguiranno altre quattro) è uno dei più rari dell’intero Novecento oltre che uno dei primissimi «asemantici». Martini limitò il testo a una sola breve frase – lapidaria, riportata a mo’ di epigrafe e sibillina – mentre per il resto stampò una sorta di «breviario laico», fatto di incisioni xilografiche astratte somiglianti a un antifonario medievale.
La Tavoni parte da un tentativo di ricostruzione delle circostanze storiche in cui Martini si trovò. Circostanze nebulose anche per via delle testimonianze discordanti – di cui l’autrice dà puntualmente conto con le note a piè di pagina -, prima per tutte quelle dello stesso Martini, rese a notevole distanza di tempo (la più importante nel 1944) e inficiate da errori di memoria, tentativi di «depistare» gli intervistatori e da una naturale tendenza, in Martini, a confondere le acque, sempre, anche in buona fede.
A quasi cent’anni di distanza rimangono molti punti non chiari. Per Martini si era parlato anche di diserzioni (complice l’uso di uno pseudonimo), di collaborazioni con artisti faentini (alcune certamente avvenute, altre no e la Tavoni lo dimostra) e di altre presunte opere sparse in misteriose località (su ciò potrebbe esserci del vero anche se non sappiamo quanto).
Per quanto riguarda Contemplazioni, il discorso è simile. Negli archivi dei Fratelli Lega non risulta alcun documento, neppure uno straccio di fattura, ma è certo che la pubblicazione avvenne presso di loro. E’ ipotizzabile che con metà personale al fronte, e la fama che Martini si portava dietro, il titolare abbia dato «carta bianca» al tormentato artista, il quale deve aver stampato personalmente i legni, da lui incisi, e fatto una tiratura straordinaria molto limitata, pagata brevi manu e di tasca propria o forse mai pagata. Non si conosce neppure il numero di copie stampate e a tutt’oggi ne sono note due soltanto: una alla biblioteca di Treviso (da cui è stata tratta l’anastatica quattro anni fa a cura del Mic) e una presso una collezione privata faentina.
Curiosamente (ma non tanto), la casa editrice Lega ha voluto aggiungere un altro tassello all’enigma-Martini, facendo del volumetto della Tavoni un’edizione relativamente limitata: 500 esemplari di cui 72 recanti una preziosa xilografia dell’artista Lucio Passerini, stampata a torchio su carta Fabriano e rievocante le immagini di Contemplazioni.
 
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