Gergo Cziraki è nato in Ungheria, ma è ormai un ravennate a tutti gli effetti. Il 21enne tesserati per la Canottieri Ravenna, assieme ai compagni Ivan Capuano, Luca Chiumento e Riccardo Jansen, l’equipaggio del quattro di coppia ai Mondiali Under 23 di canottaggio, ha appena conquistato una bellissima ha conquistato una bellissima medaglia d’argento, arrivata elle acque del lago di Poznan, in Polonia. Lo scorso anno lo stesso equipaggio conquistò il bronzo in Bulgaria: è un crescendo che lascia ben sperare per il futuro.
«Sono molto soddisfatto di questa medaglia d’argento - racconta -, fino a trequarti della gara di finale abbiamo lottato alla pari con la Gran Bretagna, palata su palata, poi il loro equipaggio è riuscito ad allungare mentre noi abbiamo dovuto stare attenti al ritorno della Germania e degli ungheresi che nel finale hanno insidiato i tedeschi. Ma siamo stati bravi a tenerli entrambi a debita distanza e diventando così vicecampioni del mondo, una gran bella soddisfazione».
Nessun rammarico?
«E’ ovvio che quando arrivi ad una finale poi te la giochi per vincere e noi siamo entrati in acqua con l’obiettivo di vincere l’oro, abbiamo dato tutto e non abbiamo certo nulla da rimproverarci e nessun rimpianto, fino a trequarti gara ce la siamo giocata alla pari, ma francamente di più non potevamo: la Gran Bretagna è praticamente stata sempre davanti ed ha vinto con merito dimostrandosi la più forte; va bene così, e visto che dal bronzo di anno scorso siamo passati sull’argento, nella prossima edizione cercheremo di fare il balzo più grande, quello per conquistare l’oro».
Un equipaggio ormai affiatato, il vostro.
«In realtà ci siamo allenati insieme solo nelle ultime due settimane ma ci siamo subito integrati benissimo nei ruoli con un’ottima armonia nei colpi».
Adesso che succede?
«Sono molto stanco perché è stata una settimana molto intensa, visto che in questa stagione agonistica altri appuntamenti importanti non ce ne sono, mi riposerò a Ravenna ed insieme alla mia società della Canottieri festeggeremo l’argento».
Nella tua giovane carriera qual è il ricordo più bello?
«Ai Campionati italiani 2016 quando al termine di una bellissima gara ci siamo classificati vicino all’imbarcazione che poi è arrivata quarta alle Olimpiadi di Rio de Janeiro».
Dove ti alleni?
«La mia società di appartenenza è la Canottieri Ravenna e mi alleno nel bacino della Standiana a Ravenna. I miei punti di riferimento sono il croato Damir Martin, vincitore della medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra nel quattro di coppia e sempre argento nel singolo alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, e poi Marcello Miani che spesso vedevo al bacino della Standiana: lui rappresenta il mio stimolo a lavorare duro per tentare di arrivare dove è arrivato lui».
Sogno nel cassetto?
«Come ogni sportivo riuscire a partecipare ad un Olimpiade, per il canottaggio che è uno sport con non troppa visibilità televisiva l’anno olimpico e la successiva partecipazione olimpica diventa di straordinaria importanza».
Visto che questa stagione si è praticamente conclusa, obiettivi della prossima?
«I Mondiali che si svolgeranno in Florida, non voglio gufarmi ma spero di ottenere quello che ancora manca».
Quella dei Mondiali polacchi è stata la quarta finale internazionale di alto livello disputata con il quattro di coppia avendo già ottenuto nel 2015 un argento nella categoria Junior agli Europei ed un quinto posto ai Mondiali Junior sempre nel 2015; lo scorso anno ottenne il bronzo in Bulgaria nei Mondiali Under 23, mentre nel doppio aveva ottenuto un sesto posto ai Mondiali del 2016 in Olanda. Un palmares quindi già molto ricco nonostante i soli 21 anni; non a caso due anni orsono è stato premiato con un importante riconoscimento dall’Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri d’Italia per i risultati ottenuti e per essersi particolarmente distinto tra i giovani della provincia ravennate.
«Fu molto bello ricevere quel premio, innanzitutto perché mi ripagava dei tanti sacrifici fatti per allenarmi, e poi perché mi fu consegnato dalle mani di Marcello Miani, un mio idolo».
Gabriele Cocchi