L'attrice faentin Benedetta Cimatti fra «Coliandro», Alessio Boni e il cinema indipendente
Federico Savini
«Le notizie di questi giorni, sugli scandali sessuali nel mondo del cinema italiano, sono agghiaccianti, non c’è altro aggettivo. Al tempo stesso è purtroppo qualcosa che si conosce, c’è una violenza di fondo che macchia un mondo del cinema che per altri versi è bellissimo, pieno di gente seria e grandi professionisti. E’ anche per questo che per fare l’attrice, oggi più che mai, la professionalità e la crescita continua sono le risorse più importanti e più solide, quelle che contano davvero». Prosegue imperterrita su quel «solco» che diversi anni fa l’ha portata a Roma Benedetta Cimatti, attrice faentina che in questi giorni sta praticamente «occupando» i palinsesti della Rai, con la sesta edizione de L’ispettore Coliandro (dove interpreta già dall’anno scorso il sovrintentente Buffarini; il penultimo episodio in onda venerdì 17 su Rai2) e la nuovissima fiction La strada di Casa (partita martedì 14 su Rai1), con Alessio Boni e Lucrezia Lante della Rovere. La «strada» di Benedetta, insomma, oggi la porta più che mai in direzione del piccolo schermo, ma non si tratta, per lei, di un approdo definitivo. «Non c’è dubbio che questi siano grandi traguardi – dice Benedetta -, ma lavoro su diversi fronti e mi spiace trascurare un po’ il teatro in questi mesi. D’altra parte, Coliandro sta andando benissimo e lavorare con i Manetti Bros è fantastico, ci si sente proprio in famiglia, non è così comune in produzioni del genere».
La strada di Casa è invece una fiction più drammatica, giusto?
«Sì, racconta di un uomo che si risveglia dopo il coma e deve riprendere in mano la sua vita, per di più col sospetto di avere commesso dei reati. Io interpreto Milena, figlia di quest’uomo, che poi è Alessio Boni. A dispetto dei 20 anni, Milena si sente quasi la donna di casa. Il rapporto con la madre, Lucrezia Lante della Rovere, è infatti conflittuale perché il legame di Milena col padre è fortissimo. E’ un personaggio che mi ha fatto ripensare a me stessa, alle sfide che ho affrontato a vent’anni, per fare l’attrice, col futuro incertissimo e un mondo che sembrava più grande di me. In Milena ci sono dei contrasti di forza e fragilità che la rendono un bel personaggio. Poi il regista, Riccardo Donna, ha grande equilibrio con gli attori, dà direttive chiare ma lascia anche una certa libertà. E poi devo ringraziare Alessio Boni, un attore da cui sto davvero “rubando” il più possibile, anche perché umanamente non è meno splendido che come professionista. La serie ha incontrato grandi consensi in Rai, tanto che già si parla di un seguito».
E il grande schermo?
«Mi cimento anche con quello, tra l’altro in progetti poco convenzionali. Quest’anno ho partecipato a In un giorno la fine, un horror di Daniele Misischia prodotto dai Manetti, già presentato al festival di Roma. E’ uno strano zombie-movie, disincantato e anche divertente ma non demenziale, una sfida per un genere che in Italia si affronta raramente. In queste settimane invece mi sto allenando all’arrampicata perché sarò proprio un’arrampicatrice in Atlas, film di Nicolò Castelli di cui sarò protagonista. Gireremo in estate tra Svizzera e Marocco. E’ un progetto indipendente della Imago Film, ci tengo molto».
Resti sempre dell’idea che la professionalità serva, nel lavoro, più dei social?
«Dove sono mi ci hanno portato lo studio, la determinazione e il fatto di mettermi continuamente in discussione, con nuove sfide. Imparare dai professionisti è sempre la cosa migliore, mentre è chiaro che non si può puntare tutto sui social. Vanno usati nel modo giusto, non demonizzati. Io sono fin troppo poco attiva, tant’è che mi sono detta che devo evolvere! – ride, nda -. Sono, di base, una persona riservata e non credo che finirò per fotografare quel che mangio a colazione o roba simile, ma faccio parte di un mondo che ha anche questa dimensione, che di per sé non ha nulla di male, basta affrontarla nel modo giusto».