Barbara Visani, nella vita, pensava di fare la formatrice in ambito aziendale. Ma la famiglia, nel suo caso, è contata un bel po’. Al lavoro del padre Antonio, che dal 1968 – prima che lei nascesse – faceva maglieria di moda, un seguito bisognava pur darlo. È così che nel 1990, a Faenza, è nata Biotex, azienda specializzata nell’intimo tecnico sportivo, con il deposito del marchio avvenuto nel ’99, quando la ditta è passata ufficialmente nelle mani di Barbara. Con circa un milione di euro di fatturato l’anno, tre soci e cinque dipendenti (tutte donne), oggi per molti sportivi, ciclisti in primis, Biotex fa rima con qualità: «Nel mondo del ciclismo siamo storici, visto che non produciamo solo l’intimo ma l’abbigliamento vero e proprio. Siamo forti anche nel running, nello sci, negli sport estremi: a breve partiranno due spedizioni per il Polo Nord e i partecipanti sono venuti a vestirsi da noi. Sulle altre discipline siamo meno distribuiti, ciò non toglie che lavoriamo parecchio con l’estero: i nostri primi mercati, in Europa, sono la Spagna, la Germania e il Belgio. Fuori dall’Europa vendiamo soprattutto in Corea».
La passione e l’impegno per il suo lavoro, Barbara Visani, deve ovviamente conciliarli con la famiglia e con la crescita del figlio 14enne: «Avere un lavoro in proprio ha pro e contro. Ogni giorno si tratta di definire le priorità. Una settimana devo interrogarlo in storia? C’è caso che resti in azienda, se c’è molto da fare in ufficio. Un’altra ci sono i colloqui con i professori a scuola? Tutto il resto conta meno. Per fortuna mio figlio si è sempre lasciato coinvolgere dalla mia attività, passando del tempo qui, provando a disegnare i prodotti, aiutandomi a scegliere scritte e colori».
Lo sguardo esterno, d’altro canto, l’imprenditrice non l’ha mai vissuto come negativo: «Ho amiche dipendenti di grandi aziende che mi riferiscono di stipendi sempre un po’ più bassi di quelli degli uomini e che avvertono spesso un trattamento differenziato. C’è la riunione aziendale? Per fare il lavoro di segreteria vengono scelte quasi sempre le donne. Nei miei confronti, invece, sento un occhio di riguardo in più».
Il fatto che anche le dipendenti siano donne è stato, nel tempo, un po’ un caso e un po’ una scelta: «Al di là che le donne, per l’abbigliamento, siano più portate, anche nel rapporto con i clienti tendono a essere più empatiche. Abbiamo provato, nel tempo, a inserire una figura maschile, se non altro per testare i prodotti che, essendo artigianali, sono praticamente sempre pezzi unici. Ma non siamo riuscite a farlo. Continuiamo tra noi, condividendo molto di quello che succede a casa, in un clima molto familiare». (Silvia Manzani)