Basket B, il presidente Raggi a tutto campo: "Solidità, ambizioni, lavoro e nuove sfide: vi racconto la mia Rekico"
Valerio Roila
La passione non conosce leggi, le detta. La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca. La passione fa soffrire. La passione è vita. Avete presente quando un presidente di una società sportiva viene definito «il primo tifoso»? Ecco, è una definizione che starebbe perfino stretta a Filippo Raggi.
Quarantadue anni, imprenditore, dottore commercialista e revisore contabile, sposato con Laura e padre di una bellissima bambina di tre anni (Allegra Meraviglia), Filippo è il passionale ed entusiasta primo dirigente dei Raggisolaris. E dato che, come rimarcò Herman Melville, autore di Moby Dick, «la passione non richiede un palcoscenico grandioso per recitare la sua parte», è il fondo campo il suo territorio d’elezione.
Lì lo potrete vedere, durante le partite, passeggiare nervoso, gioendo o friggendo, e cambiando scaramanticamente posto se le cose si mettono male. «Da anni vivo a bordo del parquet - spiega - cercando di avere sempre un sorriso per tutti, perché è la cosa più bella che posso regalare a chi ci sostiene. Sì, sono un passionale. In tutte le attività che mi coinvolgono. E non sempre i sentimenti sono di amore e felicità».
Ripercorriamo la nascita dei Raggisolaris: com’è nata l’idea e chi l’ha avuta? Da dove spunta l’originale denominazione?
«Cominciammo a parlarne tra amici, durante un torneo di calcetto, la cui iscrizione fu pagata dalla società di famiglia (Raggi) e da Solar Solution, del gruppo Bandini. Io e l’attuale general manager Baccarini decidemmo poi nel giugno del 2006 di dar vita ad una polisportiva, data la mancanza di attività sportive amatoriali in città».
Poi il basket vi ha preso la mano ed avete bruciato le tappe…
«Non avrei mai immaginato di scalarle così rapidamente, ma ho sempre creduto nel progetto: ho ambizione, voglia di vincere e testardaggine nel raggiungere gli obiettivi che mi pongo».
Fino ad arrivare alla stagione record appena conclusa. Quali ne sono state le basi e quale il momento più bello?
«Abbiamo lavorato sodo per rendere il gruppo coeso a tutti i livelli societari, facendo scommesse per ridurre gli impegni e non penalizzare l’offerta. È stata la chiave di svolta. Abbiamo rispettato programmi e budget, grazie anche al fantastico inizio di campionato, che ha tolto tensione sul nostro operato. E quando in una società sportiva l’equilibrio economico finanziario si sposa con la tranquillità del lavoro, i risultati sono spesso positivi. L’emozione personale più grande è stata la vittoria in coppa Italia con Caserta, nel giorno della morte del mio caro zio Franco Boschi. Un successo a 360 gradi, che ha reso tutto lieve, soave, perfetto».
La campagna acquisti di quest’estate contiene qualche scommessa in più. Avete salutato giocatori amati dalla tifoseria ed il roster sarà più giovane. Rappresenta una nuova pagina della storia societaria?
«Questa stagione è stata impostata su due fattori principali: ridurre il gap generazionale della rosa con le nostre giovanili e crescere sia dal punto di vista societario che di obiettivi di medio periodo, affrontando nuove sfide educazionali e motivazionali, facendo tesoro degli errori commessi in passato».
Che teniate molto al settore giovanile, lo dimostra anche la creazione della nuova struttura polivalente, il Campus di via Proventa, che verrà inaugurato a settembre, ma già attivo coi camp estivi.
«La programmazione fa parte della nostra mission, Campus rappresenta un salto in avanti decisivo sotto molteplici punti di vista. Non è solo campo da gioco o casa per il settore giovanile, ma rappresenta una sfida sociale e relazionale, nonché di marketing di prodotto Raggisolaris. Una sfida per noi e per la città ad accogliere la consapevolezza di poter ambire a qualcosa di più che una semplice avventura sportiva».
In questi anni da presidente, che cosa ha imparato da questo mondo?
«Mi pone una domanda bellissima, le rispondo che è una esperienza di vita davvero incredibile: gioia, sofferenza, amore, odio si mescolano e mettono a dura prova emotivamente e fisicamente. Questo mondo mi ha insegnato ad ascoltare, ad avere pazienza e moderare l’esuberanza, a comunicare ad un pubblico e trasmettere i miei valori: famiglia, generosità, amore, voglia di lavorare e migliorare, ma soprattutto saper perdonare. E’ una palestra di vita, e sento di averne bisogno anche per me. Voglio continuare ad ascoltare ed imparare dalle persone che stimo e con le quali collaboro».