Ravenna,le storie dei centri estivi della Casa delle culture e di Casa Italia-Cina
Elena Nencini
Tra i tanti Cre (Centri ricreativi estivi) che vengono organizzati in città, offrendo attività veramente variegate dallo sport all’inglese, passando per il mosaico e la musica, due hanno invece una maggiore attenzione all’inclusione e all’integrazione.
Ad occuparsi di mediazione culturale a Ravenna è la Casa delle culture con servizi specifici rivolti a alunni, figli di genitori stranieri, che frequentano le scuole elementari e media inferiori in Italia da pochi mesi, o che non possono ricevere in famiglia aiuti, stimoli linguistici e culturali adeguati. Come spiega la responsabile Giovanna Santandrea: «E’ finito il cre proprio in questi giorni, le nostre attività riprenderanno alla fine del mese con un paio di settimane di aiuto compiti prima che inizino le scuole». A raccontare del Cre, nato dalla Casa delle culture e dalla cooperativa Terra Mia, è Simona Ciobanu, responsabile dello Sportello di mediazione del Comune di Ravenna: «E’ nato 5 anni fa, si chiama “Fabula Estiva”, si è svolto alla Casa delle Culture e al parco delle Mani Fiorite, per una durata di tre settimane. E’ andato molto bene con tantissime attività che hanno coinvolto i ragazzi, dai 6 agli 11 anni». Continua Ciobanu: «Hanno partecipato 45 bambini di diverse nazionalità, tra cui 8 dalla Nigeria, 8 dall’Albania, 7 dal Marocco, 4 dal Bangladesh, 3 da Pakistan e Tunisia. La finalità è stata quella di favorire l’utilizzo creativo del tempo libero per i bambini attraverso esperienze di socializzazione e ludico-educative, di offrire ai genitori un sostegno durante la giornata, di promuovere un clima di accoglienza e di condivisione, di promuovere la socialità». Un’esperienza che è giunta al quinto anno, tanto da fidelizzare alcuni bambini infatti conclude Ciobanu: «Molti di loro non sono alla prima volta, anzi alcuni vengono a dare una mano come volontari quando sono cresciuti. Grazie anche ai giochi di socializzazione i bambini hanno creato delle amicizie. Ha avuto talmente successo che i genitori ci hanno chiesto la possibilità di prolungare la durata».
UN INCONTRO TRA CULTURE
Se a Ravenna la comunità straniera residente sicuramente più forte è quella rumena (dati Istat 1° gennaio 2023), la comunità cinese è una delle più piccole dell’Emilia Romagna con circa 1200 persone, una presenza in Regione decisamente contenuta – parliamo di quasi 30mila residenti – attirata dal lavoro, da una parte il settore dell’artigianato manifatturiero e dall’altro ristorazione e bar.
Il Cre estivo «La Terra di Mezzo» è organizzato dalla cooperativa sociale Montetauro, ideato da un gruppo di monaci dossettiani, che portano avanti in tre province romagnole il progetto «Casa Italia-Cina». Partito da Savignano sul Rubicone e Rimini e giunto da tre anni anche a Ravenna «Casa Italia-Cina» lavora durante l’anno con i minori cinesi per il sostegno didattico, l’insegnamento della lingua italiana e di quella cinese. Come spiega Stefano Santoro, ideatore insieme a Paolo Marasco del progetto, entrambi monaci dossettiani: «Ravenna ci ha accolto a braccia aperte, abbiamo avuto nel giro di 3 anni un grande successo. Siamo molto in crescita, sia dal lato cinese che da quello italiano. Così come sono tanti i ragazzi, italiani e cinesi, che ci aiutano durante l‘anno. Sono diversi gli studenti cinesi venuti a Ravenna a frequentare Conservazione dei Beni culturali e l’Accademia, tematiche molto apprezzate nel loro paese. Alcuni di loro ci aiutano durante l’anno per insegnare ai bambini italiani il cinese. Si tratta di un progetto unico a Ravenna perché – a differenza di altre città romagnole – qui non esiste nessun tipo di associazionismo. È un campo libero di lavoro. A Ravenna la comunità cinese è venuta attirata dal lavoro imprenditoriali nei negozi, nei bar, nei ristoranti in particolare i sushi, avendo rapporti con i clienti conoscono meglio la lingua italiana».
Marasco entra nel dettaglio del cre: «Durerà fino alla fine del mese, abbiamo accolto 60 bambini sia italiani che cinesi: rappresenta una proposta di interculturalità e di integrazione. La comunità cinese è tendenzialmente autoreferenziale, tende a non cercare relazioni esterne al proprio gruppo, naturalmente è diverso per i ragazzi che allacciano relazioni di amicizia con i propri coetanei. Abbiamo pensato a un centro che li coinvolgesse in prima persona come insegnanti di cinese, di calligrafia: la nostra associazione apre un varco tra Italia e Cina. L’esperienza che portiamo avanti da 3 anni smonta lo stereotipo che siano una comunità chiusa. Bisogna trovare il punto di contatto e di interesse per loro, ricercare un’integrazione reciproca. Durante questi 3 anni di cre sono nate delle amicizie tra i bambini che si sono prolungate anche al di fuori dell’estate. Oggi tornano per stare insieme».