Ravenna, congresso Legacoop Romagna, intervista a Mazzotti, presidente uscente: movimento di persone e imprese, anni difficili, ma ne usciamo bene
Elena Nencini
Sono 377 le imprese associate a Legacoop Romagna: il 41esimo congresso dell’associazione economica presenta un panorama consolidato sul nostro territorio con 23mila lavoratori e un fatturato che supera i 6 miliardi e 79.500 posizione associative.
Mario Mazzotti passa il testimone da presidente a Paolo Lucchi, attuale amministratore delegato di Federcoop Romagna, poichè secondo il regolamento dell’associazione romagnola chi arriva alla pensione non può ricandidarsi.
Mazzotti fa un bilancio del suo lavoro in Legacoop e dei prossimi obiettivi per il futuro.
Come è stata questa esperienza in Legacoop?
«E’ stata una bellissima esperienza, ringrazio le cooperatrici e i cooperatori che mi hanno consentito di dirigere la principale Lega delle cooperative di Italia, prima come direttore poi come presidente. Ho imparato tante cose e mi sono anche divertito. La cooperazione è un vero movimento di imprese e di persone dove l’economia sociale si pratica sui mercati ma anche nelle relazioni tra le persone. Spero di avere contribuito, insieme agli altri, a costruire un’organizzazione romagnola unitaria, vicina alle cooperative e di essere stato utile alla loro crescita e al loro sviluppo. Ci sono stati momenti in questi anni difficili e complicati: abbiamo attraversato la pandemia, la guerra in Ucraina e lo sconquasso che queste hanno determinato a livello economico, globale e sociale con forti ripercussioni evidenti sull’economia, sulla società e nelle stesse relazioni tra le persone. Abbiamo affrontato questi passaggi reagendo forti dei nostri valori e del nostro radicamento nei territori, rafforzando la collaborazione tra istituzioni e cooperative».
La pandemia quanto ha pesato?
«Ha attraversato le cooperative come ha attraversato tutte le altre imprese, ha colpito duramente i settori più deboli e le imprese più piccole, penso al mondo della comunicazione, del sociale, della ristorazione, del turismo. Ma è stato un fenomeno a macchia di leopardo in tutti i settori. Ha consentito ad alcune categorie produttive di sviluppare importanti performance come per i servizi di pulizia e di sanificazione. Per altri invece è stato di tenuta come l’agroalimentare, il commercio, la grande distribuzione. Le scelte dell’Europa che hanno portato all’approvazione in Italia del Pnrr e quelle del Conte 2 - come il sostegno alle imprese, i mutui agevolati - hanno dato una importante mano all’economia. La cooperazione si è presentata alla ripresa con i livelli occupazionali e lo stesso numero di imprese del periodo precedente che ha consentito di realizzare un forte rimbalzo già nel 2021 e anche nel 2022, al punto che abbiamo recuperato gli stessi numeri del 2019».
Come valuta l’alleanza delle tre centrali cooperative?
«È in campo, consente al mondo della cooperazione aderente alle tre centrali principali - Legacoop, Agci e Confcooperative - di parlare con una sola voce nelle relazioni istituzionali, dall’Europa al governo nazionale fino a Regioni e Comuni, e di condividere importanti iniziative e battaglie politiche e sociali. Manca l’unità organica delle tre centrali che resta un obiettivo da ribadire con forza. La situazione attuale va considerata un fattore molto importante tant’è che le imprese cooperative in molti settori interagiscono tra loro e collaborano al di la dell’appartenenza societaria».
Cosa pensa dei grandi investimenti che avverranno sul porto nei prossimi anni?
«I grandi investimenti che interessano lo scalo ravennate rappresentano senza dubbio un volano per lo sviluppo economico del territorio e quindi delle cooperative che producono oltre il 15% del pil. Già attualmente, in particolare nei settori dei trasporti, logistica, movimentazione merci, le cooperative sono presenti in porto e nel retroporto. Assieme ad altri soggetti sono fortemente coinvolte nella realizzazione delle opere stesse, quelle in corso e quelle da realizzarsi. Si pongono tre questioni che non vanno sottovalutate: uno la garanzia della legalità, della trasparenza, della sicurezza sul lavoro, anche nel rispetto degli importanti protocolli sottoscritti. Il secondo riguarda la necessità di reperire manodopera e imprese sufficienti in grado di svolgere i compiti per realizzare le diverse opere. Terzo bisogna mantenere alta l’unitarietà e il coordinamento degli interventi nel rispetto dei tempi previsti dai piani approvati».
La faccenda della Cmc costituisce un grande rammarico?
«Per quanto riguarda il superamento della grave situazione della Cmc, in cui si trova da oltre 4 anni, si sta lavorando intensamente per arrivare a una situazione che metta in sicurezza gli oltre 10mila posti di lavoro dell’azienda presenti nel mercato italiano e in quello internazionale e il grande patrimonio professionale e produttivo e industriale che la cooperativa rappresenta per Ravenna e il territorio e che non deve essere disperso. Con il sostegno della Regione, del Comune di Ravenna e una grande attenzione che abbiamo trovato nei tre governi con cui abbiamo interloquito sulla vicenda ci aspettiamo un intervento pubblico significativo. Cmc deve essere trattata allo stesso modo degli altri grandi players nazionali operanti nel settore delle costruzioni andati purtroppo in crisi, per dare vita, con un nuovo partner, Renova Red con cui stiamo discutendo, a una nuova impresa che prosegua il cammino produttivo della Cmc».
Qual è il futuro della cooperazione?
«E’ necessario rendere il mercato più regolato: le democrazie occidentali hanno bisogno di corpi sociali intermedi come la cooperazione in grado di sviluppare coesione sociale e di organizzare reti comunitarie di servizio e di sviluppare responsabilità sociale e la partecipazione delle comunità alla vita pubblica. Molto del futuro della cooperazione è nelle sue stesse mani e qui si apre il capitolo delle capacità che dovrà aver di portare le proprie imprese ad essere protagoniste dei processi di innovazione, di gestione dei problemi che propone la transizione digitale, di continuare a proporre lavoro buono e di fare della sostenibilità il fulcro delle proprie azioni».