Europa, Italia ed Emilia-Romagna, intervista a Bonaccini: ««Mi occuperò di agricoltura e commercio estero, in questi 10 anni la nostra regione è cresciuta molto»
Presidente Bonaccini, cominciamo con il suo nuovo presente: Bruxelles. Lei farà parte del gruppo socialista e rappresenta il Pd, partito di cui è presidente. Si aspetta un ruolo di rilievo nelle commissioni e che temi vorrebbe affronta-re nell’Europarlamento?
«Farò parte delle commissioni che si occuperanno di agricoltura e commercio estero. Sono temi a cui tengo molto e che in questi dieci anni in Regione ho seguito da vicino. L’avevo promesso al mondo delle aziende e dell’agricoltura: avrei continuato a rappresentare le loro istanze, seguendo da vicino quei dossier che impattano direttamente sulla vita delle imprese e dei cittadini, a partire da una transizione ecologica necessaria, ma che deve essere equa e non contrapponga ambiente e lavoro. Altrimenti ci rimettiamo tutti. Per il resto, non ho mai chiesto poltrone per me e non l’ho fatto nemmeno questa volta».
Il vento sovranista e dell’estrema destra in Europa la preoccupa? Come lo si contrasta?
«Le ultime elezioni in Gran Bretagna e in Francia ci insegnano molto. I conservatori, quelli della Brexit, sono stati pesantemente sconfitti: non hanno mantenuto le loro promesse e, anzi, quel grande Paese oggi paga a carissimo prezze scelte suicide come fu quella di uscire dall’Unione Europea. La vita degli inglesi oggi è più difficile, altro che sovranismo. La Francia, invece, ci dice che anche una destra forte può essere fermata, perché quando le forze progressiste si uniscono, sono ancora maggioranza. Ogni nazione fa storia a sé, è naturale, ma il voto in questi due grandi paesi ci spiega che fermare il sovranismo con le idee del riformismo e del progressismo è possibile».
Torniamo a quello che in questi giorni è diventato il suo passato politico: la presidenza dell’Emilia-Romagna. Che Regione trovò nel 2014 e che Regione lascia dopo dieci anni?
«In questi 10 anni, l’Emilia-Romagna è la regione che è cresciuta di più in Italia. In tutti gli indicatori: il Pil, l’export - un record eccezionale -, l’occupazione, a partire da quella femminile, il tasso di presenza dei nidi, il calo di chi abbandona la scuola. E potrei continuare. Abbiamo affrontato tragedie drammatiche come la pandemia, la ricostruzione dopo il sisma del 2012 e l’alluvione dell’anno scorso, ma ne siamo usciti più forti per due motivi: la scelta vincente di condividere tutte le decisioni strategiche nel Patto per il Lavoro e per il Clima, a cui partecipano tutte le realtà della Regione, e gli emiliano-romagnoli. Gente straordinaria, che non si lamenta, ma davanti alle difficoltà si rimbocca le maniche e aiuta chi è in ginocchio. Mi hanno insegnato tantissimo, ogni giorno”.
Facciamo alcuni focus: la sanità prima di tutto. La pandemia, senza ripercorrerne le tappe, ha cambiato la nostra sanità? Come? Soprattutto, sarà ancora difendibile la sanità pubblica universalistica?
«Sono molto preoccupato. Questo Governo sta smantellando la sanità pubblica con un disegno chiaro: favorire quella privata. Lo fa in maniera anche sgangherata come dimostra il decreto sulle liste d’attesa: un provvedimento vuoto, votato a pochi giorni dalle Europee a scopo elettorale, che tutte le Regioni hanno bocciato senz’appello ed è stato stroncato da esponenti della stessa maggioranza. La pandemia ci ha insegnato che la sanità, quella di oggi e quella del futuro, deve contare su strutture moderne e flessibili, e per questo in Emilia-Romagna realizzeremo 3 nuovi ospedali, ma soprattutto essere una sanità di territorio. La medicina domiciliare è il futuro e gran parte delle nostre risorse del Pnrr le abbiamo investite nelle case di comunità, qui ce ne sono un quarto del Paese, e in nuove tecnologie. Abbiamo anche finanziato, da soli, senza un euro del Governo, la riforma dei Cau per alleggerire il peso che grava sui pronto soccorso: sta funzionando, lo dice anche l’Agenas, l’Agenzia governativa dei servizi sanitari regionali. Ma si lavora nel deserto, perché la premier Meloni si è disinteressata della sanità pubblica, voltando le spalle a chi non può permettersi quella privata. Io la penso all’opposto: il diritto a curarsi va garantito indipendentemente da dove nasci e da quanto guadagni».
In Emilia-Romagna le parti sociali hanno firmato il Patto per il lavoro e per il clima: quanto è importante e che risultati porta?
«Lo accennavo prima. I risultati sono stati straordinari. Condividere le scelte non è un percorso semplice, perché spesso porta a notti in bianco per trovare una quadra. Ma confrontarsi aiuta a fare meglio e a dividersi le responsabilità. E’ uno strumento che racchiude oltre 60 realtà, tra associazioni di impresa, sindacati, volontariato, rappresentanti del mondo bancario, enti locali, università: e tanti ci stanno chiedendo di farne parte. Io mi auguro che venga riprodotto anche a livello nazionale, perché i cittadini ci chiedono unità e azioni concrete, non il solito teatrino della politica che ha stancato tutti».
L’Emilia-Romagna, secondo i dati elaborati dal Financial Times, è la quinta regione in Europa per capacità di attrarre investimenti esteri: immaginiamo sia un risultato che lei rivendica.
«Assolutamente. Dobbiamo andarne orgogliosi. Pochi anni fa era difficile trovare imprese estere interessate a investire in Emilia-Romagna, oggi dobbiamo dire di no perché ci sono troppe richieste. Abbiamo messo a punto una legge regionale che prevede un incentivo economico, a patto che chi si stabilisce sul nostro territorio garantisca un lavoro stabile, un progetto serio e un investimento in ricerca e sviluppo. Altrimenti, quei soldi vanno restituiti. Siamo alla pari delle regioni più avanzate d’Europa, chi l’avrebbe mai detto solo pochi anni fa?».
Anche lo sport è stato un veicolo per affermare l’immagine dell’Emilia-Romagna all’estero: il Tour de France che è appena passato, ma anche i Gran premi di Formula 1. È soddisfatto degli investimenti fatti e quanto sarà difficile continuare ad avere la Formula 1 a Imola?
«Do solo qualche numero. La Formula 1 è costato poche decine di milioni di euro, ha generato un indotto da oltre 200. Il dato del Tour è ancora più clamoroso: investimento di 3 milioni, ritorno da quasi 200. E potrei citare la Coppa Davis a Bologna o il MotoGp a Misano, che quest’anno addirittura raddoppierà. Siamo nettamente la Regione che ha investito di più nello sport, di qualsiasi disciplina, con un ritorno medio 18 volte superiore alla spesa. E non parlo solo dei grandi eventi: abbiamo riqualificato la rete impiantistica regionale con quasi 170 interventi su campi da gioco, palazzetti e arene, cofinanziati in questi anni con quasi 50 milioni di euro per un investimento complessivo di 120 milioni».
Il Partito democratico potrà tornare al Governo del Paese e per farlo, quali visioni e quali strategie dovrà perseguire?
«Poche proposte, ma chiare: noi siamo per la difesa della sanità pubblica, per il salario minimo legale contro le paghe da fame da pochi euro e la difesa delle istituzioni da provvedimenti sbagliati come il premierato o l’autonomia. La segretaria Elly Schlein sta lavorando bene e finalmente ho visto un Pd unito, che ha smesso di litigare, come ci chiede la nostra gente. E mi auguro che anche le altre opposizioni capiscano che per sconfiggere questa destra che è interessata solo a occupare le poltrone, ma che non ha fatto nulla per migliorare la vita dei cittadini, serve stare insieme. In Emilia-Romagna per 10 anni ho guidato una coalizione che va dalla sinistra a Renzi e Calenda e non abbiamo mai avuto un giorno di crisi. Si può fare».
De Pascale sarà il candidato alla presi-denza della Regione: l’Emilia-Romagna del dopo Bonaccini è più facilmente contendibile dal centrodestra?
«Non ci sono più elezioni scontate da un pezzo. La sinistra ha perso Bologna già nel 1999 e anche a Imola è successo lo stesso solo pochi anni fa. Ogni campagna elettorale va portata avanti con impegno e umiltà, perché i cittadini cambiano idea rapidamente, ma apprezzano quando vengono ascoltati e presi in considerazione. Michele De Pascale è una figura di altissimo profilo: fa parte di una generazione più giovane, ma è già un amministratore esperto, un aspetto che ritengo fondamentale perché non ci si può approcciare a guidare una Regione senza alcuna esperienza amministrativa. Ho percepito un bellissimo clima e la volontà di costruire una coalizione ampia, aperta anche al mondo civico. Servirà impegno e macinare chilometri, ma credo ci siano tutte le condizioni per una vittoria importante». (p.b. l.a.)