Un potenziale di 50mila nuovi posti di lavoro e percorsi di inclusione lavorativa per 15mila persone svantaggiate. Tanto potrebbe generare una filiera tessile impegnata a dare nuova vita agli abiti usati attraverso il recupero e il riuso di rifiuti tessili e il coinvolgimento delle cooperative sociali forti della loro esperienza trentennale. A stimarlo è Confcooperative Federsolidarietà che a Ecomondo di Rimini ha organizzato oggi l’evento “Sostenibili e inclusive: il valore delle cooperative sociali nella filiera del tessile”, per favorire sinergie e dare vita ad un modello nazionale in grado di generare economia, occupazione e riduzione degli sprechi.
Già oggi, ricorda Federsolidarietà, delle 150 mila tonnellate di rifiuto tessile raccolto, oltre un terzo è realizzato dalle cooperative sociali, garantendo così occupazione per oltre 5000 lavoratori, di cui circa 1500 persone disabili e svantaggiate.
E il margine per far cresce questa economia del riuso c’è. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nel nostro paese ogni anno circa 630 mila tonnellate di rifiuti tessili finiscono impropriamente nello smaltimento indifferenziato che vuol dire discarica o inceneritore.
“Le cooperative sociali in questo settore hanno saputo anticipare i tempi – sostiene Stefano Granata, Presidente di Confcooperative Federsolidarietà, la più grande federazione delle cooperative sociali e delle imprese sociali in Italia – ci sono stati dei veri e propri imprenditori sociali illuminati che hanno costruito una filiera virtuosa un passettino dopo l’altro, andando a convincere le singole amministrazioni locali della bontà di questo percorso. È così stato possibile per le nostre realtà arrivare a gestire circa il 35% di tutti gli indumenti raccolti in Italia. Stiamo parlando di 40 imprese operanti lungo tutto lo stivale, che si sono specializzate, hanno ottenuto certificazioni e realizzato percorsi di qualità. Loro sono pronte, ora tocca alle istituzioni”.
Il dibattito ora in atto è sulle regole da applicare alla sostenibilità estesa del produttore, per definire come si allunga la vita del singolo indumento e come creare percorsi virtuosi.
“Non serve andare lontano per trovare le soluzioni – continua Granata –. Applicare il modello adottato dalle cooperative sociali nella raccolta degli indumenti ha un grandissimo potenziale che è stato riconosciuto anche dalla Commissione Europea sostiene l’importanza di promuovere le imprese sociali attive nel settore del riutilizzo, in quanto hanno un notevole potenziale per creare imprese e posti di lavoro locali, verdi e inclusivi nell'Unione. In media – conclude Granta, un'impresa sociale crea tra 20 e 35 posti di lavoro per 1000 tonnellate di prodotti tessili raccolti ai fini del riutilizzo”.
I numeri delle cooperative sociali di Confcooperative nella filiera tessile
Nella filiera del tessile Confcooperative Federsolidarietà raggruppa 40 cooperative sociali che operano in 11 regioni. Sono circa 50mila tonnellate gli indumenti usati raccolti annualmente attraverso oltre 10mila cassonetti. Un’economia che genera oltre 200milioni di fatturato complessivo e dà lavoro a circa 6mila lavoratori, di cui circa 1500 lavoratori svantaggiati.