Quinta udienza Poggiali, in aula le ex colleghe. "Era sicura, determinata, sempre presente, ci faceva soggezione"
Nutrivano per lei la "soggezione" che, spesso, si prova nei confronti di colleghi con più anni di servizio. Un carattere forte che non la rendeva simpatica a tutti nonostante sul lavoro fosse precisa, sempre disponibile a fare cambi turni e sicura di sè. Questo è sostanzialmente emerso dalle dieci tra OS ed infermiere ascoltate come testi dell'accusa, il 13 novembre, nella quinta udienza che vede l'ex infermiera dell'Umberto I di Lugo, Daniela Poggiali, a processo per l'omicidio di una paziente avvenuto l'8 aprile 2014. "Con lei ho sempre avuto un rapporto lavorativo sereno- ha spiegato Ilaria Soglia - e, parlando con le altre, veniva definita ferma, decisa e con una forte personalità. Con i pazienti ed i loro parenti era sicura e sbrigativa, ma ho visto colleghe anche più brusche di lei. Mi faceva un po' soggezione e mi sentivo "giudicata" da lei che era più anziana in servizio di me". "Capitava che la vedessi anche in un settore non suo - ha dichiarato l'infermiera Stefania Casadei -: una volta la vidi uscire da una stanza del mio e mi disse che aveva spento la tv dopo che i pazienti si erano addormentati. Girava voce che esagerasse coi lassativi o i tranquillanti, abbondando rispetto alla prescrizione dei medici, ma io non ho mai riscontrato nulla". Di lei si diceva anche che rubasse sistematicamente: "la situazione era divenuta pesante, nei primi mesi del 2014 perchè quasi ogni giorno un parente si lamentava per la sparizione di denaro - ha sottolineato Patrizia Stelluti, infermiera del settore attiguo a quello in cui lavorava la Poggiali- ed io ero molto preoccupata di venire accusata. Girava voce che fosse lei a rubare e lo riferii anche alla caposala suggerendole di installare telecamere, ma lei mi rispose che il primario non le voleva in reparto. Così mi limitavo a tenerla d'occhio quando veniva nel mio settore perchè temevo che rubasse ai miei pazienti, ma non l'ho mai vista far nulla". Alle voci sui furti si erano, poi, aggiunte, quelle sui decessi che erano aumentati senza un motivo apparente. "Spesso ne parlavamo tra di noi - ha aggiunto l'infermiera Francesca Casadei -e c'era qualcuno che diceva che avvenivano, di solito, quando la Poggiali era di turno anche se, data la situazione clinica grave di molti degenti , alcuni decessi potevano anche essere fisiologici. Ne discutemmo quando venimmo convocate dalla direzione sanitaria per una riunione nell'ottobre 2013. C'erano diverse Os oltre alle infermiere, ma la Poggiali non era stata convocata. Quando il 2 aprile la collega Savarino trovò le fiale di potassio sul carrello per la terapia dove era certa di non averle messe la sera prima, informò la case manager. Verificammo se fosse stato prescritto a qualche paziente della notte o di quella mattina e visto che non risultava ci allarmammo". E' comunque vero che la gestione del potassio, così come sottolineato nella prima udienza anche dal Colonnello dei Carabinieri, Antonio Sergi che seguì le indagini, veniva gestito in maniera un po' "leggera" prima dell'8 aprile 2014, senza un registro di carico e scarico. "Le fiale venivano custodite in armadietti chiusi, ma a disposizione del personale medico ed infermieristico - ha precisato Stefania Casadei- e anche se, di norma, veniva messo in carrello solo se serviva per quel turno, è capitato che lo si preparasse anche la sera per la mattina sul carrello che restava in guardiola".