Fidas Advs, Bencivelli presidente: "No alla donazione differita"
Quando la battaglia è dura, anche i riservisti (se riservisti sono mai stati) tornano in prima linea. E così alla giuda della Fidas Advs, è tornato Franco Bencivelli, storico primario dell’Ematologia ravennate (e responsabile del Centro Trasfusionale) ed presidente per oltre 10 anni dell’associazione di donatori nata 54 anni fa in seno all’ospedale di Ravenna, in alternativa ai cugini dell’Avis. La battaglia in questione è quella contro la donazione differita, una nuova modalità di accesso alla donazione introdotta dal nuovo piano sangue regionale, contro cui Bencivelli e la Fidas (a livello nazionale) si stanno battendo strenuamente: «In pratica – spiega l’ex primario – si chiede a chi viene a donare la prima volta di fare solo il prelievo necessario agli esami richiesti per prassi ai donatori e di tornare per fare la prima “vera” donazione in un altro momento. In questo modo, nel 2013 abbiamo calcolato di aver perso 200 nuovi donatori, che poi spesso sono “carriere di dono” che vanno in fumo. Siamo consapevoli di esser una pulce al cospetto di un elefante, ma contro questa decisione della Regione abbiamo depositato un ricorso al Tar». Anche perché, aggiunge il presidente dell’Advs, tra la prima e la seconda volta già «naturalmente» si perde in media un quarto dei donatori: «In totale rispetto alle “intenzioni di dono” riusciamo a fidelizzare solo il 25% di chi vuole donare». Troppo poco, anche per chi come l’Advs ha un numero di nuovi donatori in costante aumento. L’associazione a fine 2013 contava 8.413 iscritti, 5205 dei quali attivi e 691 nuovi. Se il numero delle donazioni, anche a causa della crisi è in diminuzione, come spiega Bencivelli, i nuovi donatori sono in costante aumento (erano 505 nel 2009), grazie ad una serie di iniziative (concorsi ed eventi) in collaborazione con le scuole e non solo, organizzati dal movimento giovanile. Nel 2013 le donazioni di sangue intero sono state 11.613, mentre nel 2012 avevano sfiorato quota 12mila (11.970). «Il calo nell’offerta di sangue è dovuto in parte alla crisi - analizza Bencivelli -, che induce le persone ad un ripiegamento inevitabile su sé stesse. Ma è anche frutto di una minor richiesta di sangue per le trasfusioni da parte dell’organizzazione regionale che ci chiede (e non è sempre semplice) di far corrispondere sempre più la domanda all’offerta». Questo, in concreto, per l’associazione significa incentivare la donazione su appuntamento che al momento coinvolge un 30% di chi dona. Che tipo di donazioni e quali gruppi sono quindi più utili? «Certamente le donazioni di sangue intero “servono” più delle plasmaferesi perché da una sacca di sangue si possono poi ricavare anche i plasmaderivati. Mentre per quel che riguarda i gruppi non ci sono preferenze: l’Ab e il B sono più rari nella popolazione, ma di conseguenza anche i meno richiesti, quindi l’importante è donare. In questo periodo, la Regione lancia una campagna per chiedere ai donatori attivi di recarsi nelle rispettive donazioni prima di andare in ferie. Ma la necessità nasce più da una carenza di donazioni che da una maggior necessità di sangue». (Daniela Verlicchi)