Elena Nencini
Giovanni Testori è stato un uomo poliedrico: romanziere, autore di testi teatrali, critico d'arte e anche pittore, dal 1975 è stato protagonista di un'intensa e combattuta militanza culturale dalle prime pagine del «Corriere della Sera», dove sostituì Pier Paolo Pasolini e da quell'osservatorio commentò la realtà quotidiana dell'Italia. A questi articoli di Testori si sono ispirati l'attrice Ermanna Montanari e il regista Marco Martinelli per la lettura scenica
«A te come a te», all'interno del Ravenna Festival, a Sant’Apollinare Nuovo (
ore 21, venerdì 6 e sabato 7 giugno).
La scrittura di Testori, di famiglia fortemente cattolica, si caratterizza per i forti contrasti, per una intensa dialettica fra misticismo e materia. Ermanna Montanari spiega che «non si può passare indenni da queste letture, da questa scrittura che è antichissima, di un altro tempo eppure di questo tempo».
Sono tre gli articoli scelti da Montanari e Martinelli ed hanno la figura della donna al centro: lo sguardo di Testori è fuori dal coro, è un giudizio sempre acuto e e umano sulla realtà, come si vede nel caso di Luca Casati, un diciottenne brianzolo che nel marzo del 1980 uccide a martellate la madre. Testori affronta questo dramma con grande umanità: «Esecrare il gesto è giusto - scrive -. Ma sapendo tutti che ora abbiamo un figlio e un fratello che, dalla solitudine del carcere, domanda il nostro aiuto nella dura, difficile strada della resurrezione». Ed il titolo dello spettacolo nasce proprio dalla lettera che lo stesso Testori scrisse all’omicida in prigione «E’ a te come te che vorrei parlare». Sempre nello stesso anno un altro violento fatto di cronaca attira la sua attenzione un giovane uccide involontariamente una bambina di poco più di un anno, tentando di rubarle una catenina d’oro. Per Testori è l’occasione per sottolineare come ancora una volta venga ridotto a nulla il valore di una vita e nessuno può sentirsi giustificato: «Come il giovane ha cominciato volendo solo strappare dal collo della bambina la catenina e ha finito con l’ucciderla - scrive -, anche noi cominciamo forse col voler trascinare verso il nostro egoismo le piccole speranze suppletive e finiamo con l’uccidere la speranza vera e prima». L'anno prima aveva scritto «Una legge per difendere le donne dalle violenze», in occasione di due stupri, un articolo di grande lucidità e modernità, un atto che Testori inscrive «nel libro delle nostre vergogne». Infine l’ultima lettura è una summa di varie interviste intitolata «Linguaggio, rivolta, eternità».