Start up e coworker per rilanciare la Darsena: un incubatore da 600mila euro
La riqualificazione della Darsena passa anche dalle start up e dai coworker. Sono due, uno pubblico e uno privato, i progetti di trasformazione urbana di questa parte della città che hanno al centro nuove forme del fare impresa. «E dove se no? - chiosa l’assessore alle Attività produttive Massimo Cameliani -. La nostra è una sfida che vogliamo lanciare a quel quartiere. Qual è un luogo più adatto a far da casa alle start up?».
Una sfida nella quale evidentemente il Comune crede molto, dato che ha deciso di investire parte dell’unico edificio pubblico sul Candiano, l’ex Dogana e di inserire il progetto nel rivisto dossier di candidatura da presentare a giugno alla commissione che arriverà in città per giudicare la candidatura a capitale europea della cultura. Si chiamerà CoLlaboRa, che sta per «Lavorare insieme a Ravenna» e, se arriveranno i finanziamenti regionali (600mila euro) a cui il Comune concorre (assieme a quello di Faenza, per un progetto analogo ai Salesiani), il cantiere potrebbe partire già a fine 2014. L’obiettivo, spiega Cameliani e creare uno «spazio di condivisione e co-working con servizi di supporto e consulenza per avviare start up innovative in settori tecnico-scientifici». In pratica, un «laboratorio d’impresa» con il quale dovrebbero collaborare le principali realtà di ricerca e formazione del territorio: «Prima di tutto il tecnopolo che potrebbe fornire spunti e idee per la creazione di nuove start up - spiega Cameliani - oppure l’Its, i nuovi istituti post-diploma che si sono orientati proprio sull’energia e l’ambiente, e poi ci sarà la Fondazione Mattei che gestirà concretamente la struttura, farà formazione e si occuperà degli eventi e della consulenza, assieme al Comune ovviamente e anche a Fondazione Flaminia».
Una task force di energie per «quell’acceleratore di innovazione (e di lavoro) dal basso», che dovrà essere Collabora, nei piani del Comune. Oltretutto a costo zero, per l’ente locale. Il che però significa che senza i fondi regionali (che dovrebbero essere assegnati tra qualche mese) il progetto ha poche chances di vedere la luce.
L’altro progetto, totalmente privato, si chiama «bRAin» ed è forse ancora più ambizioso: «Creare in Darsena un nucleo di aggregazione di micro e piccole imprese in co-working e un fablab nel settore del turismo e dei beni culturali».
Ancora da individuare il luogo, anche se con tutta probabilità si tratterà di un capannone, forse di archeologia industriale, da riqualificare: servirà spazio infatti per le 10-15 piccole sedi di aziende che si spera popolino ‘bRAin’, all’interno del quale, nei progetti, dovrebbe trovare spazio anche un’area comune, sale riunioni, un angolo ricreativo con, il fondamentale (in questo tipo di esperimenti) bar, un fablab e un asilo aziendale. Anche perché, a ideare l’esperimento ci sono 4 donne: Marianna Panebarco, della Panebarco and C., Saveria Teson, architetto ed esperta di europrogettazione, Lidia Marongiu dello Studio Giaccardi e Sabrina Toscani che di fatto ha ideato l’embrione del progetto, anch’esso inserito nel dossier di candidatura (quello già presentato in settembre).
«Siamo in una fase di ricerca e analisi. Stiamo verificando anche la possibilità di ottenere finanziamenti europei per i bandi di rigenerazione urbana - spiega Marianna Panebarco -. Certamente il progetto è ambizioso. Vorremmo creare prima la community, il gruppo di imprenditori che vogliono sperimentare questa nuova organizzazione del lavoro, entro quest’anno, e poi partire con la progettazione e la realizzazione».
Daniela Verlicchi
cronacaravenna@settesere.it