«Sul maltempo? Diciamo che siamo stati fortunati, è piovuto più da altre parti». E se lo dice Claudio Miccoli, dirigente del Servizio tecnico di Bacino romagnolo (per l’area di Ravenna) che se potesse avrebbe tutte le ragioni per tranquillizzare, c’è da credergli. Se infatti nel nostro territorio, i canali tombati fanno meno paura, allagamenti come quelle a cui abbiamo assistito qualche settimana fa nel modenese per la rottura dell’argine del Secchia sono possibili. «In quel caso - chiarisce Miccoli - il livello del Secchia era a due metri e mezzo dalla tracimazione. L’acqua è uscita dall’argine, non dal fiume». Nei giorni scorsi sul nostro territorio, tanto per fare un esempio, il livello del Senio e del Santerno è arrivato ad un metro dalla tracimazione. Ma solo in determinate situazioni ci sono rischi effettivi. «Il problema - chiarisce Miccoli -, è connesso all’opera di alcuni animali, non tanto le famigerate nutrie, quanto piuttosto istrici, volpi e tassi. Gli allevamenti di questi animali sugli argini sono dannosissimi. Per individuarli, occorre tenere pulito l’alveo, e qui “casca l’asino”». Spetterebbe infatti proprio al Servizio tecnico di Bacino, ma i fondi, come per molti altri enti pubblici scarseggiano: «Avremmo bisogno almeno di 1 milione e 200mila euro per far il minimo di manutenzione ordinaria, nel 2014 ce ne arriveranno 600mila». Per non parlare degli investimenti: 4 milioni l’anno scorso: «Quest’anno? Temo molti meno». Quali sono dunque le zone più a rischio? Il Bevano, ma si tratta di un piccolo corso d’acqua. «Se avessi tutti gli investimenti che chiedo - fantastica Miccoli - interverrei sul Lamone, è il più esposto. C’è un progetto per creare una cassa di espansione (per contenere l’acqua in eccesso, ndr) a Tebano ma è fermo. E poi bisognerebbe completare i lavori sul fiume Montone: la chiusa di San Marco si trova a 10 chilometri di distanza, ma 11 metri sul livello di piazza del Popolo, fate voi». Mentre gli interventi sugli argini del Savio nei pressi di Castiglione dovrebbero essere completati entro l’estate.
Diversa la situazione per quel che riguarda i canali consorziali, genericamente meno a rischio: «Parliamo di corsi d’acqua che hanno portate d’acqua di 10 metri cubi al secondo e viaggiano 1 o 2 metri sopra il piano della campagna – esemplifica Elvio Cangini, presidente del Consorzio di Bonifica della Romagna occidentale (200mila ettari da controllare dal Lamone al Sillaro) -; i fiumi portano 200metri cubi al secondo e sono colonne d’acqua che si ergono a 6-7metri sulla campagna». Detto questo, i punti critici ci sono: il canale Molini, a valle di Castel Bolognese non riesce a sostenere la portata d’acqua che arriva, e anche il canale di Bonifica Destra Reno e il Fosso Vecchio dovrebbero esser messi in sicurezza: «Abbiamo fatto un progetto da 80milioni che metterebbe al sicuro da eventi eccezionali con un tempo di ritorno di 50 anni». Ma al momento, niente fondi. E se anche ci fossero, spiega Cangini, occorrerebbe anche combattere con le istanze ecologiche che vedono nell’alveo dei fiumi dei corridoi ecologici. I punti deboli del sistema di bonifica del Consorzio della Romagna (che copre la parte ravennate), invece, sono concentrati nel Cervese-cesenaticense: «In particolare al ponte del Gatto di Cesenatico – spiega il presidente Roberto Brolli – e poi abbiamo previsto investimenti anche a Cervia, per metter in sicurezza il sistema da Cesenatico a Tagliata». In totale servirebbero 40milioni di euro, ma gli interventi più urgenti da 2 milioni e mezzo verranno completati entro il 2014. Al sicuro, infine il Cer, che non riceve acque metereologi che.
Daniela Verlicchi
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