Il libro di Beppe Sangiorgi sugli 800 anni di Casola Valsenio nei secoli
Federico Savini
«Ho voluto scrivere una storia “dal basso”, che raccontasse l’evoluzione di un popolo, dei suoi costumi e della sua identità. E’ tutto basato su fonti reali ma lo stile romanzato è voluto, per renderla più appetibile ai lettori e farli riconoscere nelle pagine». Muove veramente «dal basso» il lavoro che sta dietro a Casola Valsenio, i primi 800 anni, libro che celebra la storia del borgo collinare insieme a eventi e iniziative di vario genere. A scriverlo è Beppe Sangiorgi, giornalista e cultore delle radici con il pallino della storia, che ha avuto il sostegno di Franco Tozzi, imprenditore ravennate di origini casolane che firma la prefazione e sta dietro all’intero progetto. «Anche Franco voleva una storia capace di parlare alle persone - spiega Sangiorgi -. Era quello che mancava, dato che esistevano libri su eventi casolani ma nessuna storia organica. Abbiamo pensato che partire da tipicità e soprannomi fosse il modo migliore per legare tutto insieme»
Come si fa a datare la fondazione a 800 anni fà esatti?
«Dipende da un fatto storico documentato. Prima del paese esistevano i castelli di Casola e di Monte Fortino, con alcune abitazioni e una popolazione governata dai faentini. I dominatori di Imola indussero i casolani a ribellarsi, il popolo conquistò i castelli ma i faentini reagirono. I rinforzi da Imola non arrivarono mai e i casolani alla fine desistettero, uscirono con le corde al collo in segno di resa. I faentini rasero al suolo i castelli ma lasciarono che il popolo di stabilisse dove voleva. Così, sotto l’altura in cui tuttora svetta la chiesa di Sopra, nacque Casola, nel 1216».
Dopo di che è un susseguirsi di storie con la S maiuscola e aneddoti popolari…
«Sì, si è raccontato tanto dei Ceronesi ma poco del popolo minuto. Attraverso l’alimentazione e i detti ho cercato di far emergere il carattere dei casolani, anche attraverso personaggi come il casolano che inventò il moto perpetuo; i soprannomi poi, rivelano l’identità caratteriale ma anche quella fisica dei paesani. Tutto questo insieme ad episodi noti come le bombe del Cral del 1956 o il caso Giuffre, che fu affare nazionale e del quale ho ricostruito i particolari casolani attraverso atti parlamenti e della commissione d’inchiesta. Parlo molto anche del cardinal Soglia, che all’inizio dell’800 riuscì a ‘strappare’ a Brisighella una grossa fetta di territorio. Poi c’è il Novecento, un periodo ‘rognoso’, ancora molto vicino e per certi versi ‘irrisolto’, ma la storia va scritta senza censura, per quello che è stata, non mi sono posto limiti».
Gli anni della Liberazione nel libro occupano molto spazio. Questo perché l’importanza della collina per la Resistenza fu di rilievo nazionale?
«Sì, ma anche per questioni locali. I rifugi partigiani in collina romagnola sono stati importanti per tutta l’Italia e l’arrivo a Casola di studenti bolognesi e non solo, all’interno di una brigata comunista come la Garibaldi, ha innescato un’evoluzione profonda degli orientamenti politici e culturali dei contadini casolani. Per la prima volta l’ideologia attecchì, non c’era riuscito neanche il fascismo. Questo portò alla lotta tra mezzadri e padroni e a una situazione molto tesa nel Dopoguerra. Questa lotta ha davvero cambiato volto alla collina, influendo sullo spopolamento».
La comunità casolana corre rischi di estinzione?
«Il pericolo esiste, nell’immediato Dopoguerra a Casola abitavano circa 6mila pesone, ridotte alla metà dopo gli anni ’60. Gli ultimi decenni hanno visto l’importante affermazione identitaria ed economica di Casola come paese delle erbe prima e dei Frutti Dimenticati poi. Sono peculiarità che hanno dato rilievo nazionale al borgo».
Casola Valsenio, i primi 800 anni è reperibile alla bottega Bertaccini di Faenza e nelle edicole di Casola Valsenio, Riolo Terme e Castel Bolognese