Zingarò, 20 anni di cucina a ritmo di jazz a Faenza
Un compleanno di gusto per lo Zingarò di Faenza. Lo storico locale dedicato alla Romagna in tavola, da alcuni anni anche pizzeria, ha in questi giorni festeggiato l’importante traguardo. Da 20 anni, nelle sale affrescate seicentesche del palazzo della famiglia Ferniani di via Campidori, Luigi Zaccarini, da tutti conosciuto come «Gigi dello Zingarò», porta avanti una filosofia ben precisa di fare ristorazione. Lo abbiamo incontrato.
Questo 2016 ha un significato importante. Vent’anni di lavoro tra fornelli e apparecchiature è un bel traguardo.
«Assolutamente. Soprattutto se arriva da un geometra prestato alla ristorazione. Al di là delle battute dal 1996, quando assieme ai fratelli Salvatore e Beppe Miraglia e Roberto Naldi iniziammo questa avventura di tempo, anzi di portate sui tavoli, ne sono passate. Oggi assieme all’attuale socio e chef Chibr Radouane vogliamo proseguire nel solco tracciato per poter continuare a fare il meglio nel dare un certo gusto al mangiare».
In questo arco di tempo come è cambiata la cucina proposta dallo Zingarò?
«Rispetto all’inizio è cambiata soprattutto la consapevolezza, l’attenzione e la conoscenza della clientela. Oggi si esce a mangiare per provare soprattutto emozioni a tavola, per fare convivio, per stare assieme ma anche e soprattutto per approfondire una cultura alimentare e del gusto non quotidiana. Da sempre puntiamo a dare un senso locale, ma personale, alle proposte nel piatto».
Una sfida sempre più difficile?
«Una bella sfida. La nostra idea è quella di cercare di proporre tradizione e qualità. Lo vogliamo continuare a fare guardando avanti».
Allo Zingarò non si mangia solo. Che cosa vi ha spinto a contaminare l’offerta con il jazz?
«Una passione personale che ho voluto e voglio condividere e regalare a chi ci frequenta. Da qui è nato il progetto del jazz club che ha visto passare anche grandi nomi dell’universo jazz contemporaneo. Una soddisfazione ed una passione che, abbiano notato, piace anche alla gente. Da non dimenticare poi anche la rassegna dedicata alla poesia che teniamo ogni anno».
La vostra caratteristica è quella di valorizzare il territorio. I motivi?
«Vogliamo difendere, promuovere per certi versi presidiare la cultura gastronomica di questo territorio. Lo facciamo con il cibo, proponendo piatti tradizionali e rivisitazioni comunque rispettose dell’identità, ma lo abbiamo voluto fare anche e soprattutto con il vino e con la birra artigianale. La nostra carta è infatti esclusivamente basata su produzioni romagnole».
Qual è il piatto identificante dello Zingarò?
«Non credo che ce ne sia uno. Potrei provare a dire passatello, spoja lorda, castrato con uova. Ma gli strozzapreti e la tagliata non li abbiamo mai tolti dalla carta così come il nostro cappellaccio ripieno di formaggio di fossa».
E quello che si vorrebbe riproporre ma non è stato ancora osato?
«Anche qui ce ne sono tanti. Mi piacerebbe dire su tutti il galletto, l’agnellone e soprattutto il coniglio».
Il futuro?
«Beh, direi sicuramente continuare ogni giorno ad entrare in battaglia per portare in tavola il meglio che possiamo proporre».
Riccardo Isola - Foto Raffaele Tassinari