Elena Nencini
Al centro dell'edizione 2016 di Ravenna Festival la figura di Nelson Mandela, interprete dei valori della libertà, della non violenza e dell'uguaglianza. A ricordare la figura dello statista sudafricano scomparso due anni fa un'opera musicale: Mandela trilogy (da giovedì 9 a domenica 12 giugno, Teatro Alighieri, ore 20.30). Il libretto è stato scritto da Michael Williams che ne ha realizzata poi anche la regia. Sul palco la Cape Town Opera, la compagnia lirica sudafricana di Città del Capo, in buca l'orchestra giovanile Cherubini affiancata dal Cape Town Opera Voice of the National Choir,a dirigere Tim Murray e Alexander Fokkens.
Williams è partito dalla tradizione sudafricana del musical, genere che ha goduto di grande favore tra le masse nere, intrecciandolo con l’opera, il jazz, la musica classica e quella tradizionale per poi comporre un atrilogia composta da tre episodi che rimandano ad altrettanti periodi chiave della vita di Mandela, sottolineato da un differente stile musicale.
E' proprio il regista a raccontarci le sue scelte e la sua storia.
Perché il messaggio di Mandela è ancora così importante oggi?
«Mandela ha trascorso ventisette anni in prigione per realizzare il proprio sogno di una società non razzista. Ha combattuto perché le persone di colore in Sudafrica fossero riconosciute e accettate a tutti gli effetti come cittadini di prima classe. E attraverso tutto questo, si è impegnato per la riconciliazione e la pace con il nemico di un tempo. Ha creduto nel concetto di Ubuntu - una persona è una persona attraverso le altre persone - e ne è stato un esempio vivente, per la sua fede in un legame universale di scambio che unisce l'intera umanità. Questo messaggio è rilevante oggi quanto lo era vent'anni fa».
Può spiegare le sue scelte in qualità di regista?
«Nel creare un'opera su Nelson Mandela ero determinato a non farla diventare un'agiografia, una biografia che affronta il proprio soggetto con eccessiva venerazione. Mandela stesso ha dichiarato d'essere un peccatore piuttosto che un santo. Per me era importante, quindi, esplorare alcuni degli errori che commise nella propria vita: il furto del bestiame del padre, la decisione di impugnare le armi, le sue numerose relazioni con le donne e, nella seconda parte, alcuni dei suoi successi. Dato che la sua vita si è sviluppata su un arco di oltre 90 anni, ho deciso che sarebbe stato interessante coinvolgere tre diversi attori per interpretare Mandela in momenti differenti della sua vita. Il giovane idealista diretto in città; il raffinato, garbato quarantenne all'apice delle forze; infine il più anziano e più saggio individuo che ha compreso come la riconciliazione sia un fattore chiave nel costruire una nuova Nazione».