Gioco d'azzardo / Il documentarista Varesco: "La dipendenza degli adolescenti nasce sul web per pochi spiccioli"

Ravenna | 15 Maggio 2016 Cronaca
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Il documentarista Fabrizio Varesco, ravennate d'adozione, è tra gli ideatori della giornata del 14 maggio dal titolo «Per non morire di gioco d'azzardo», quest'anno alla seconda edizione. Nel 2014 Varesco ha firmato il documentario «Game over», una sorta di work in progress che viene aggiornato alla luce di un lavoro continuo sul tema. «Grazie ad un piccolo contributo - spiega il documentarista - aggiornerò il lavoro aggiungendo interviste alle giocatrici d'azzardo realizzate dalla psicologa Chiara Pracucci. Purtroppo il gioco d'azzardo si conferma infatti in crescita soprattutto tra le donne». Varesco, qual è il bilancio dell'ultimo anno? «Il tema, purtroppo, è sempre di super attualità, sia per la cronaca che che per le statistiche: si sta trasformando da fenomeno sociale a vera e propria realtà che caratterizza la società italiana. Se, da un lato, l'argomento è oggetto di attenzione di una parte di società civile attenta e sensibile, sul versante istituzionale c'è pochissima attenzione. Anzi: l'inserimento, nella legge di stabilità, di norme che non limitano la pubblicità al gioco d'azzardo la dice lunga. La necessità di approfondire l'argomento è sempre all'ordine del giorno e sarebbe utile che tutte le parti spingessero sul tema. Per questo in autunno organizzeremo una seconda giornata per parlare del modo in cui viene raccontato dai media il gioco d'azzardo». Qual è la situazione nelle scuole della provincia? «Nelle scuole, sia io come Ravenna Cinema che il gruppo dello Zuccherificio abbiamo messo a punto un piano insieme all'assessore Giovanna Piaia, che si è rivelata un politico molto sensibile sul tema. Organizziamo incontri, sia a Ravenna che nelle scuole del forese, per informare i ragazzi: la fascia adolescenziale è infatti quella più a rischio. I giovani sono quelli che vengono presi più di mira soprattutto sul web. Anche se giocano solo pochi centesimi fanno scommesse e, involontariamente, mettono in atto modalità che possono trasformarli in giocatori compulsivi una volta raggiunta la maggiore età. Nessuno gliene parla, ma sono consapevoli che ci sia bisogno di maggiore informazione». Cosa si potrebbe fare e non si fa? «Secondo noi sono diverse le azioni che si potrebbero mettere in campo: nei confronti dei giovani la prima cura sono la prevenzione e l'informazione; occorre far capire che non si tratta di un gioco, ma che dietro c'è un sistema complesso e pericoloso. Quando spieghiamo che la possibilità di fare 6 al Superenalotto è una su 622milioni, pari a quella che si avrebbe nell'aprire a caso un elenco telefonico di tutti i cittadini europei e di trovare il proprio nome, ci guardano stupiti. Oltre a fare prevenzione, bisognerebbe anche fare pressione sulle istituzioni e sulla classe politica, affinchè pongano limitazioni al gioco. Mentre tutti i paesi europei, alla luce della pesante situazione economica, hanno attuato limitazioni, in Italia si è aperto ancora di più e sono perfino state introdotte le baby slot, rivolte ad un pubblico di minorenni, nei cinema e nei centri commerciali. Tutto questo è agghiacciante». (fe.fe.)
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