Volley Superlega, Stefani si racconta: "Il mal di testa, la quarantena, lo studio, la noia: ho battuto il Covid, adesso penso alla Consar"
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Marco Ortolani
Dopo il rinvio della gara di domenica (giocatore di Verona positivo e tempi troppo stretti per ri-tamponare il gruppo) il Porto Robur Costa 2030 è finalmente al completo. Tommaso Stefani è arrivato a Ravenna domenica scorsa, dopo la lunghissima «detenzione» nella sua casa di Sesto Fiorentino a seguito della positività contratta durante gli Europei di categoria nella Repubblica Ceca. Dopo una settimana di sintomi il tampone non ne ha voluto sapere di negativizzarsi (quattro i tentativi andati a vuoto, peraltro dolorosi e invasivi, fino alla radice del naso e della bocca, fino alla sospirata negatività) e l’isolamento domestico si è quindi protratto per quasi quattro settimane. La prima domanda è scontata, un affettuoso «come stai». Il gigante fiorentino risponde con il sorriso: «In che senso? Se il riferimento è alla salute, i sintomi sono passati dopo una settimana. Avevo mal di testa, avevo perso il gusto e avevo un indolenzimento ai piedi. Ora sto bene, ma la condizione di forma è molto scarsa».
Non ha svolto allenamenti personali?
«No, perché i medici me lo hanno proibito. Niente corse e niente salti, nel dubbio che potessero peggiorare le mie condizioni».
Quindi?
«Quindi al mattino studio universitario, elastici e potenziamento della spalla. E al pomeriggio… tanta noia. Sentivo gli amici, ricevevo le chiamate di Bonitta e dello staff, perfezionavo la mia passione per i fornelli e le ricette. E naturalmente aspettavo».
Con la famiglia?
«Sì. Ma non ho fatto in tempo a salvarli dal contagio. Quattro giorni di febbre a 39 per papà e fortunatamente solo un po’ di raffreddore per la mamma».
Avrà ripensato agli Europei?
«Sì, è arrivata un’altra medaglia (dopo l’oro mondiale, ndr), ma è nettamente più il rammarico per la perdita dell’oro che la soddisfazione per la vittoria dell’argento. Nella finale contro la Russia, purtroppo, abbiamo sbagliato tutto noi».
E avrà seguito i suoi compagni in tv.
«Certo. Ero sempre collegato, anche perché… non è che ci fosse tanto altro di interessante da fare. Sono stati grandissimi. E’ evidente che il gruppo è forte, unito e non molla mai. Era veramente frustrante non poter dare una mano».
Adesso però si riparte.…
«Non proprio. La mia condizione, in questo momento, è veramente bassa. Lunedì, tanto per fare un esempio, ho fatto solo un po’ di cyclette. Penso che domenica, a Monza, non andrò nemmeno in panchina».
Intanto, in settimana, hanno destato interesse le parole di Bonitta: «Il campionato è troppo condizionato dalle assenze. Se vogliamo continuare a giocare bisognerebbe bloccare le retrocessioni». Ma i provvedimenti di ritocco della formula di campionato saranno fatalmente condizionati dallo sviluppo degli eventi, anche perché il volley, strozzato dalla mancanza di ricavi, si è messo in fila per ricevere un contributo statale che ne permetta la sopravvivenza.