Volley Superlega, il ritorno di Giombini: «Da opposto a vice allenatore: che emozione essere di nuovo a Ravenna»

Marco Ortolani
Nostalgici dei «favolosi Anni Novanta», ora potete anche estrarre i fazzoletti: torna a Ravenna il ragazzone che caratterizzò per quattro anni l’epoca post-Messaggero e quel gruppo di giovanissimi in buona parte provenienti dal vivaio (Rosalba, Zlatanov, Lirutti, Sangiorgi, Leonelli, Gherardi, Saviotti, Patriarca, Bendandi, Manaresi, fra gli altri) che mantenne Ravenna nell’eccellenza del volley con la «perla» di una Coppa Cev vinta a Ginevra nel 1997. Oggi Leondino Giombini si ripresenta nella sua imponenza fisica (205 centimetri) e con i classici riccioli di allora; ma il ragazzo degli Anni Novanta è diventato uomo e padre (ben quattro figli), nonché preparatore atletico e allenatore; in quest’ultima veste affiancherà Zanini sulla panchina ravennate. «Era un’esperienza di vertice che volevo fare. Credo che in società - racconta il Giombo - abbiano apprezzato le mie motivazioni e la voglia di mettermi in gioco. Fantastico poterlo fare in questa città in cui ho tanti ricordi, una casa e dove torno ogni volta che posso, soprattutto d’estate. Ero un ragazzo, sono diventato qui un uomo e un giocatore di livello. Ricevetti qui la prima chiamata in Nazionale. Rimettere piede al Pala Costa mi ha dato i brividi…».
Le «simpatiche canaglie» che giocarono con Leondino a Ravenna sono rimaste in contatto?
«Sempre! Eravamo tutti giovani, costituivamo un gruppo affiatato che non si è mai perso di vista e che la tragedia di Vigor Bovolenta ha unito per sempre, anche oggi con le nostre famiglie. Eravamo aggreganti con i nuovi compagni che si aggiungevano negli anni e persino con gli avversari, che ci venivano a trovare in estate a Marina di Ravenna».
Il sestetto ideale di quegli anni?
«Non lo posso fare per paura di trascurare qualcuno. Io mi schiererei opposto, che è il mio ruolo naturale. Potevo adattarmi al centro solo per lasciare strada al grande Fomin».
Ora via i fazzoletti della nostalgia e passiamo al presente. Come nasce Giombo coach? 
«In realtà sono partito come preparatore atletico. Poi ad Ancona c’era il posto vuoto in panchina, io avevo il patentino e ho provato, dimostrando di poterlo fare». 
Che tipo di allenatore è? Come si descriverebbe? 
«Ho riportato in panchina le mie caratteristiche di giocatore, quella sana ignoranza marchigiana che significa impegno e voglia di vincere. Se c’è da fare qualche urlo non mi tiro indietro. Ho avuto molti maestri. Ad esempio nel rapporto personale con gli atleti mi richiamo spesso allo stile di Daniele Ricci». 
Due ex preparatori come allenatori… Per i giocatori della Consar non si presenta una stagione riposante!
«Non so ancora quale squadra avremo a disposizione. Certo è che ci giocheremo le nostre carte partendo dalla condizione fisica ottimale degli atleti».