Volley Superlega, Consar, allarme De Andrè: il pubblico... non risponde
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Marco Ortolani
E’ cominciato il campionato di volley. Ma dell’atmosfera di un festoso «primo giorno di scuola» domenica scorsa c’era poco o nulla. Ravenna ha disertato l’impegno, rimanendo abbondantemente (terza volta, se si considerano le due di Coppa, che facevano poco testo) sotto il limite massimo, pur stringato, imposto dalle restrizioni Covid. Appena 272 presenze sulle 700 consentite, il dato più basso di tutta la prima giornata, in cui le altre strutture hanno avuto il problema opposto di contenere l’afflusso entro i limiti consentiti. Clamoroso il caso di Modena, già partita con la campagna abbonamenti, pur se avvolta nelle incertezze e disciplinata da una turnazione per la presenza. Eppure la domenica era semi-invernale (la tentazione-mare che c’era per le gare di Coppa non valeva più), la Consar aveva dato smaglianti prove di sé superando brillantemente il girone di Coppa e l’avversario era di primo piano, con un «rivale storico» come Lorenzo Bernardi, atteso al suo ritorno in panchina, e infatti la gara è stata all’altezza delle aspettative, vibrante anche dal punto di vista agonistico ed emozionale. Le cause? La diretta Rai può aver contribuito a tener distanti gli spettatori più «poltroni»; gli abituali possessori di abbonamento si possono essere mal posti di fronte alla necessità di acquistare biglietti per tutta la famiglia a prezzo pieno. Congiura anche la scarsa conoscenza della squadra, fatta di ragazzi nuovi che, immersi nella bolla delle prevenzioni, hanno avuto poche occasioni per farsi salutare, toccare amichevolmente a cena o dopo gli allenamenti, nelle settimane di precampionato, premesse necessarie per creare quel feeling «fisico» tipico fra una città di provincia e i suoi giganti buoni. A «remare contro», quindi, è stato sicuramente il fattore-virus. Molti hanno confessato una paura ancora viva di non approcciare un luogo affollato, altri sono rimasti infastiditi e scoraggiati da procedure militarizzate: misurazione temperatura con pistola alla fronte, autocertificazioni, impossibilità di muoversi liberamente per la struttura e la mascherina obbligatoria per tutti, con controlli anche se in posizione statica e distanziata. Hanno «tenuto botta» solo gli RVS, la ottantina di tifosi più organizzati, appassionati e motivati. «Di noi non mancava nessuno», dice con orgoglio la presidentessa Alessandra, riconoscendo che si è persa quella parte di tifoseria più tiepida che ha rinviato l’appuntamento con la pallavolo a future occasioni più «comode». Attenzione ai rischi che corre il nostro volley. Perché, come diceva il comico Catalano, profeta dell’ovvio: «Così non si può andare avanti».