Volley, San Valentino a casa Corvetta-Ubertini: "La pallavolo ci ha sempre molto unito"

Sugli amori nella pallavolo ci si costruì addirittura un cartone animato di grande successo, che aveva per protagonisti i giapponesi Mila e Shiro. Anche a Ravenna sono tantissime le coppie nate in palestra. Per questo San Valentino 2020 ne presentiamo una, resa ancor più bella e felice appena 15 giorni fa, dalla nascita di Caterina. Lui è Antonio Corvetta, ravennate cresciuto nelle Marche, protagonista della promozione della Marcegaglia in A1, oggi apprezzato fisioterapista nello studio «Arti Motorie» di cui è diventato socio. Lei è Serena Ubertini, umbra, che ha chiuso la carriera nella Teodora. Eccoli nella classica intervista doppia.
Il primo incontro?
Serena: «Ci presentarono al matrimonio di una mia amica giocatrice e di un suo amico fisioterapista. Io, però, lo conoscevo già come giocatore. Era il 2016, nei giorni in cui compivo i miei trent’anni. Mi fece subito una bella impressione».
Antonio: «Sapevo chi era, ma la presentazione fu solo a quel matrimonio. E quei due sposi sono stati invitati al nostro, perché… è stata tutta colpa loro».
Il primo regalo?
S: «Me ne fece tre contemporaneamente. Quello più importante fu una busta con due biglietti per il concerto dei Pearl Jam».
A: «Quando le mandai quei biglietti per i Pearl Jam all’Olimpico misi delle parole di accompagnamento del tipo o ci andiamo assieme o non ci vado neanch’io. Volevo essere chiaro».
All’inizio più intraprendente lui o lei?
S: «Nettamente più lui. E lo ringrazio sempre per questo. E’ stato bravissimo e ci ha creduto subito».
A: «La mossa iniziale l’ho fatta decisamente io, ero mentalmente più libero e pronto a impegnarmi, così mi sono proposto».
La pallavolo è stata più una complicità o un ostacolo alla relazione?
S: «E’ stata di grande aiuto! Siamo stati tanto fortunati, perché dopo esserci conosciuti siamo andati a giocare entrambi a Spoleto, io in B1 e lui in A2, tutti e due con il numero 15 e tutti e due capitani».
A: «La pallavolo ci ha sempre molto unito. Io giocavo a Civitanova, lei a Orvieto: quell’anno ho vinto la Coppa Italia e lo scudetto, quindi lei ha partecipato e l’ho avuta vicino nel momento più esaltante della mia carriera».
Da giocatori, più tifoso lei di lui o lui di lei?
S: «Più io, perché guardavo lo spettacolo di una A1 o A2 maschile. Io la B1 femminile un po’ gliela risparmiavo».
A: «Lei ha visto più partite mie. Io ho recuperato un po’ quando lei giocava a Ravenna, mentre io avevo già praticamente finito la carriera».
Di volley si parla ancora in casa?
S: «Se ne parla più adesso di quando giocavamo. Ci muoviamo poco per le partite, ma ci piace seguirle insieme dal divano. Io sono cresciuta nel mito di Papi, Zlatanov, Rosalba che sono tutti amici suoi».
A: «Da giocatori evitavamo, per non stressarci. Adesso capita più spesso. Ad esempio, appena nata Caterina, in ospedale, le ho parlato del mercato dei palleggiatori e ho indovinato gli spostamenti di De Cecco e Bruno».
Ravenna per sempre o chissà?
S: «Abbiamo comprato casa. Ravenna offre grandi servizi e qualità della vita. Peccato per la difficoltà dei ravennati ad aprirsi».
A: «Per uno che ha fatto la mia vita di spostamenti è difficile dire per sempre. Ma stavolta, se non per sempre, sarà almeno per un bel pezzo».
Caterina giocherà a pallavolo?
S: «A noi piacerebbe, ma naturalmente farà quello che vorrà».
A: «Per forza, non ha scelta! Voglio che diventi una palleggiatrice mancina per fare bene quei colpi di seconda che piacciono a me». (ma.or.)