A Faenza l'ex inviato di Repubblica, Enrico Franceschini: «Italia-Usa: non vedo il rischio per una guerra commerciale fra i due Paesi»
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Fabrizia Montanari - «Non vedo un rischio concreto ed imminente di una guerra commerciale fra gli Usa di Trump e l’Italia di Giorgia Meloni». La Brexit, Trump, il futuro dell’’Europa e il Governo italiano: grande conoscenza del mondo e un’affabilità che conquista: l’analisi di Enrico Franceschini, per oltre trent’anni corrispondente di Repubblica da New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e attualmente Londra, cittadino del mondo o meglio, d’Europa per sua stessa definizione, ha soddisfatto le aspettative di un pubblico attento e curioso di conoscere la sua opinione sulla situazione geopolitica internazionale, nel corso di una serata al museo del Risorgimento organizzata dal Comune di Faenza in occasione della Giornata della Memoria, in cui ha presentato il suo ultimo libro «La mossa giusta». Una vita avventurosa quella dell’ebreo ucraino Ossip Bernstein che, finito davanti al plotone d’esecuzione dei russi, riuscì a scampare alla morte. «Il tweet di uno sconosciuto - confida Franceschini - mi ha spinto verso questo personaggio rocambolesco, campione di scacchi, gioco che io considero metafora potentissima della vita, dove ogni figura ha un ruolo e dove, come diceva Freud, una mossa falsa può farci perdere la partita». L’esistenza di Bernstein, abilissimo avvocato d’affari, copre i primi anni ‘60 del Novecento, attraversando la Rivoluzione bolscevica, gli anni ruggenti a Parigi, il crollo di Wall Street, la seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto e si conclude nel 1962 durante la Guerra Fredda, trasportandoci agli albori della modernità; viene dunque spontaneo chiedere a Franceschini di parlarci della nostra attualità, che ripercorre drammaticamente eventi già vissuti e mette a repentaglio su scala mondiale stabilità politica e libertà economiche frutto di conquiste democratiche faticosamente raggiunte.
Franceschini, l’economia europea quanto risentirà dell’effetto Trump?
«Il rischio è che ne risenta, se dovesse esserci una guerra commerciale il prezzo sarebbe alto, ma è un tipo di guerra in cui perderebbero tutti. Io spero e credo che alla fine non ci sarà uno scontro, che sia più minacciato che reale, non penso si andrà a una guerra dei dazi totale fra Europa e Stati Uniti perché ci perderemmo noi, ma anche loro».
A proposito di dazi sui prodotti europei, quanto rischia l’Italia?
«La nostra premier ha un rapporto privilegiato con Trump e il dilemma di Meloni è: cercherà di avvantaggiarsene in una relazione bilaterale o userà questo ascendente per fare da tramite tra America e Unione Europea? Il secondo atteggiamento potrebbe essere utile per evitare una guerra commerciale».
Lei risiede a Londra: come vivono gli inglesi a nove anni dalla Brexit?
«Un 55-60% di loro ammette che avrebbero potuto rimanere in Europa, ma molti di più si rendono conto di non aver ottenuto dalla scissione i benefici sperati. Si sono lasciati ingannare dal populismo, ma neppure i laburisti oggi vogliono riaprire la questione perché, come diceva lo scrittore americano Mark Twain: ‘E’ più facile imbrogliare le persone che convincerle di essere state imbrogliate’».
Crede nella pace voluta da Trump tra Russia e Ucraina?
«Le guerre prima o poi finiscono e questa è durata troppo, facendo troppi danni, perfino Putin ha fatto capire di essere interessato a un negoziato; in una trattativa nessuno può ottenere quello che voleva dall’inizio e quindi anche lui dovrà concedere qualcosa; il rischio tuttavia è che l’Ucraina venga sacrificata e spetta dunque anche all’Europa offrirle delle garanzie al di là di quello che può fare l’America, che resta comunque il grande fautore in questa pace».