Volley, Ravenna festeggia la Junior League dopo 28 anni: il serbatoio del settore giovanile è sempre pieno

Romagna | 08 Giugno 2024 Sport
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Marco Ortolani
Nel trionfo della Consar nella Junior League (3-1 al Trento nella finale di Ozzano, titolo riportato a Ravenna dopo ben 28 anni) c’è il coronamento del percorso di un formidabile gruppo di giovani cresciuti in città, capaci di costruire un’identità di gioco e di comportamenti che è stata il segreto per i due sigilli più importanti: lo scudetto Under19 dello scorso anno e, appunto, questa Junior League, che segna il passo d’addio definitivo alla città delle «perle» Mancini, Orioli e Bovolenta, tutti richiamati in Superlega e pronti a misurarsi nel campionato italiano più bello e difficile. Il tecnico Mollo ha dovuto rinunciare agli infortunati Chirilà e Pascucci e, soprattutto ad Alessandro Bovolenta, in Canada con la Nazionale maggiore che gioca la Vnl e prepara le Olimpiadi. Nel buco lasciato in posto2 da «Bovolino», Mollo ha provato varie soluzioni (Orioli, Feri, Capiozzo), ma l’infortunio di Pascucci lo ha obbligato a riportare in banda Orioli e Feri e ad accogliere la proposta che gli veniva dai palleggiatori Mancini e Russo: «Fai giocare noi due in diagonale!». Con questa formazione è giunta la clamorosa rimonta da 0-2 e 11-16 in semifinale contro Brugherio e la vittoria in finale su Trento: «Questa Junior League - ha dichiarato Mollo - è arrivata dopo il miracolo sportivo che abbiamo compiuto vincendo in semifinale, quando avevamo un piede e mezzo fuori dalla finale ed è il premio al lavoro splendido di una società che sta dimostrando con i fatti di credere e di puntare molto sul settore giovanile e che ha trovato nel presidente Rossi una persona molto attenta allo sviluppo del vivaio e alla crescita dei singoli ragazzi. Le nostre assenze erano importanti, ma il gruppo si è fatto forza e nella forza ha trovato voglia, stimoli e motivazioni di riprovare a vincere. Ci sono riusciti e vanno fatti a loro sinceri complimenti». Tornando indietro nel tempo, il gioco a due palleggiatori è stata la norma fino ai primi anni Ottanta, quando si preferì rinunciare a uno dei due registi, inserendo in quella posizione lo schiacciatore più forte, liberato da compiti di ricezione e chiamato ad attaccare anche dalla seconda linea. Nasceva così la figura dell’opposto. In tempi relativamente moderni vi è una sola significativa eccezione al palleggiatore unico, data dalla Nazionale femminile cubana. «Las estrelas del Caribe» vinsero tre olimpiadi (1992, 1996, 2000) con questo schema, interpretato grandiosamente soprattutto da Tai Aguero. A Ravenna si giocò a due palleggiatori fino ai primi Anni Ottanta (per ultimi un giovane Margutti in diagonale con Montesi). In precedenza si distinsero nel ruolo soprattutto Daniele Ricci, Aldo Bendandi, Sergio Guerra, Nino Beccari (tutti divenuti grandi allenatori) e Marco Venturi, che poi si adattò brillantemente anche ad essere «unico». Ravenna vinse lo scudetto juniores nel 1976 schierando in diagonale Marco Venturi e Luca Casadio. Negli Anni Novanta giocarono «a due» fino all’Under16, Simone Bendandi e Bruno Romagnoli. L’ultimo scudetto maschile vinto con due palleggiatori risale al 1981 (Kappa Torino con Vullo-Rebaudengo).  In campo femminile l’Olimpia giocò in serie A con la diagonale Bigiarini-Polmonari, prima che l’avvento di Manù Benelli, nel 1980, togliesse ogni dubbio al club e alla Nazionale. A fine Anni Novanta, sulla scia dei successi cubani, Bonitta provò a riportare lo schema 4-2 utilizzando in alcune occasioni Rinieri e Navarrini, operazione che il coach, con un sorriso, non ricorda fra le sue intuizioni migliori (Rinieri divenne una delle più grandi schiacciatrici italiane di tutti i tempi).
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