Volley, i ricordi dello scudetto 1991 trent'anni dopo: "Gli avversari evitavano Kiraly e battevano sempre su di me..."

Marco Ortolani
«Se posso collegarmi per il trentennale? Quando c’è da parlare della squadra, io ci sono sempre!». Fabio Vullo attende di essere una delle star dell’evento on line del 26 maggio e rimarca l’antonomasia («la» squadra): un riconoscimento che vale, se pescato come fiore preferito in un bouquet sterminato di vittorie. «Una squadra fortissima, come ce ne sono furono altre - sembra minimizzare Andrea Gardini, altro vincitore «seriale» di scudetti, che però individua l’unicità - quel mostro americano (Kiraly, ndr) ci aiutò a crescere, con il suo esempio vicino sapevamo che non potevamo mai arrenderci». 
«Ricevere a due con Kiraly? - si chiede Margutti ricordando quel tempo - fu un’esperienza! Gli avversari evitavano Karch e i palloni in battuta erano quasi tutti per me. Quando ero in prima linea dovevo poi caricare la rincorsa per essere pronto all’attacco… Mi chiedo quante migliaia di volte l’ho fatto…». L’italiano di Karch è ancora perfetto. Lo imparò subito («studiavo la grammatica la notte, quando dovevo vegliare il piccolo Cory se non dormiva») e lo ha tenuto allenato nei molti rapporti con il nostro Paese che ha avuto da allenatore. 
Durante la festa scudetto, al «Caminetto» di Milano Marittima, le attenzioni erano tutte per gli eroi del team maschile, che si alternavano al microfono. Karch spiazzò tutti distillando una dichiarazione memorabile con il suo tono solenne: «La vittoria è la risposta a tutte le domande: da 11 anni nessuno può far domande a loro - disse spostando il «fuoco» sulle ragazze della Teodora che erano state fin lì un po’ trascurate - da oggi nessuno può fare domande nemmeno a noi!». Wow Karch! Che onore esserti stato vicino.