Volley donne, Serena Ortolani si racconta: "Giocherò un altro anno in serie A1 poi farò la mamma a tempo pieno"

Romagna | 29 Maggio 2020 Sport
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Luca Alberto Montanari
Poco più di due mesi fa, giocando evidentemente d’anticipo, Serena Ortolani aveva messo la parola fine sulla stagione 2019-2020 firmando la rescissione del contratto con il suo club, l’ambiziosa Saugella Monza, che nel frattempo (in piena pandemia e in pieno lockdown) aveva invitato tutte le giocatrici a presentarsi regolarmente in palestra per gli allenamenti. Due settimane dopo, ci ha pensato la Federazione a «dar ragione» alla pallavolista faentina, chiudendo tutti i campionati e facendo inevitabilmente calare il sipario sulla stagione sportiva. Da oltre due mesi, quindi, Serena Ortolani ha cambiato drasticamente le proprie abitudini, nel verde delle campagne faentine assieme alla figlia Gaia e al marito Davide Mazzanti. Con un occhio al presente e uno al futuro, ancora da scrivere.
Serena, come sta trascorrendo tutto questo tempo senza il volley?
«Diciamo che la spina l’avevo staccata anche la scorsa estate, dopo l’addio alla Nazionale, ma perlomeno ero riuscita a dedicarmi al beach volley e a giocare regolarmente almeno sulla sabbia per rimanere in forma. Oggi, invece, la pallavolo è praticamente scomparsa dalle mie giornate: quando mi alzo faccio un po’ di attività fisica, tra corsa e allenamenti specifici con i pesi nella piccola palestra che abbiamo costruito in casa. Poi mi metto a palleggiare, contro il muro o con i miei parenti (sorride, ndr), ma soprattutto mi dedico a mia figlia e alla natura: Gaia ha 6 anni, sta concludendo la prima elementare e ne approfitto per aiutarla durante e dopo le lezioni online, travestendomi da maestra, nel limite del possibile. Quanto alla natura, mi dedico all’orto e allevo alcune lumache, approfittando del tantissimo spazio verde che abbiamo a Reda. Devo dire che sono molto fortunata e che mi sto divertendo molto».
Con il senno di poi, tornando indietro di qualche mese, firmerebbe nuovamente la rescissione con Monza?
«Penso proprio di sì, lo farei ancora. D’altronde l’emergenza sanitaria stava diventando proprio in quei giorni sempre più drammatica e non me la sono sentita di mettere in pericolo la mia famiglia e mia figlia. Non ci ho visto bene o prima di altri, ho semplicemente ragionato e pensato che non aveva alcun senso rischiare».
Cosa le è mancato di più in queste settimane senza pallavolo?
«L’adrenalina, le partite più importanti, le gare secche, quelle dove ti giochi tutto e dove non conta essere solo i più bravi. Purtroppo ci siamo fermati proprio alla vigilia dei mesi storicamente più emozionanti e più vibranti: i playoff e le fasi finali dei tornei sono i momenti decisivi di ogni stagione e quest’anno sono saltati».
A gennaio lei ha compiuto 33 anni. Cosa c’è nel suo futuro? Dove si immagina di essere dopo l’estate?
«Ho due certezze. La prima: continuerò a fare la mamma (sorride, ndr). La seconda: giocherò un altro anno in A1».
Dove le piacerebbe giocare?
«Ho già deciso e ho pure già firmato il contratto, ma non posso ancora annunciare il nome della squadra (al 99 per cento dovrebbe essere Perugia, ndr). Diciamo che resterò in Italia e che l’obiettivo del club è creare una grande squadra».
Quindi potrebbe essere l’ultima stagione da giocatrice professionista?
«Sì, giocherò sicuramente un altro anno, poi magari mi prenderò una pausa».
Sta per cominciare la prima estate senza gare delle Nazionali. Lei ha chiuso la sua esperienza in azzurro nel 2018 con l’argento Mondiale.
«Sarà un’estate molto strana anche per questo motivo. A noi amanti della pallavolo, mancherà inevitabilmente qualcosa. Però magari riusciremo ad apprezzare cose che di solito diamo per scontate».
Facciamo un passo indietro. Qual è stata la vittoria più bella della sua illustre e lunghissima carriera?
«Per fortuna ho giocato e vinto tanto. Scelgo un gruppo, quello di Casalmaggiore nel 2014-2015: è stato uno scudetto inaspettato arrivato dopo un percorso difficile, lungo, pieno di ostacoli e di contrattempi, ma davvero molto gratificante».
La partita indimenticabile?
«Finali di Champions League nel 2009 con Perugia: fu la mia seconda Champions, la prima da titolare, e alla fine del torneo sono stata eletta mvp».
In tanti anni di carriera, tra club e Nazionale, ha un rimpianto?
«No, rifarei praticamente tutto».
Oggi cosa rappresenta la pallavolo femminile?
«Una grande famiglia. Il volley si distingue dagli altri sport perché c’è contatto con i tifosi e questo contatto è magia: noi siamo gli unici a finire le partite e a restare in campo per foto e autografi. In questi anni ho conosciuto tante persone che non erano mai state a vedere una partita. Quando le invitavo, poi non uscivano più dal palazzetto».
A proposito di tradizioni, la squadra che l’ha lanciata, la Teodora, sta crescendo ed è reduce da un’ottima stagione.
«E’ bello vedere tanti ravennati in campo e dietro la scrivania, la Teodora è la squadra della Romagna. E’ stato il mio passato, sarebbe bello che fosse anche il mio futuro, anche se la mia carriera sta volgendo al termine. Poi in panchina c’è Bendandi, lavora in Nazionale con mio marito, lo conosco. Hanno scelto l’allenatore giusto».
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