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Marco Ortolani
La situazione è curiosa: sette partite giocate dalla Consar con quattro vittorie e tre sconfitte (fra queste le due gare giocate in casa al De Andrè). Tre prestazioni ottime, una buona, una media e due disastrose (le due al De Andrè). Sotto il cupolone bianco due gare, zero set vinti, prolungate situazioni di gioco in cui i leoncini ravennati sono stati pallidi come le loro nuove divise total white, incerti, fallosissimi, poco combattivi e quasi disorientati nella ricerca di misure e riferimenti. C’entra qualcosa la conformazione anomala e imponente di quello che è ancora oggi probabilmente il più bel palasport d’Italia? La risposta dello staff tecnico guidato da Bonitta è lapidaria: no. E ci sono abbondanti argomenti a sostegno: gente come Mengozzi e Goi, lì dentro, ci ha giocato per anni; Bovolenta e Orioli hanno giocato competizioni giovanili per nazionali in spazi enormi come questo. E, ultimo ma decisivo, non è che i giocatori di Porto Viro e Brescia vantino una conoscenza del’impianto superiore da poter esprimere la confidenza che li ha portati a ottime prestazioni e a conseguenti vittorie Alla risposta del settore tecnico si aggiunge quella, piuttosto innervosita, della società. La scelta del De Andrè è strategica nella riconquista ambiziosa del’impianto cittadino più grande e prestigioso: una maggior esposizione pubblicitaria, la possibilità di affluenze precluse al Costa (1.200 persone contro Brescia, poche contro Porto Viro per ‘infausta collocazione infrasettimanale), la riapertura ad un pubblico che mal tollerava alcune scomodità logistiche del vetusto impianto Coni. La Consar, giocando al De Andrè, concede generosamente il fattore-campo, potendo svolgervi solo ‘allenamento settimanale di rifinitura e frequentando per il resto della settimana un impianto di caratteristiche totalmente diverse. Ma ‘opzione non è così determinante: la squadra ha dimostrato di esprimersi bene e vincere in palasport che non aveva mai visto. Rimane un po’ di nostalgia per quel senso di «fortino» che ha accompagnato le migliori performance della passata stagione, con un pubblico affettuoso (per quanto non numerosissimo) che «alitava» il proprio sostegno praticamente in faccia agli atleti. Ma è solo un’osservazione statistico-romantica: i ragazzoni di Bonitta hanno dimostrato di valere ‘alta classifica, al netto delle due voragini apertesi nelle sfortunate serate di cui abbiamo detto. Occorre dimostrarlo ogni domenica, a prescindere dal campo di gioco che, è una certezza, è ovunque di nove metri per diciotto. A maggior ragione domenica, al De Andrè per sfatare il tabu, contro Aversa.
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