Viaggi della Memoria, un coro da Ravenna: "Facciamone ancora di più"

Silvia Manzani
«Mi preoccupa la volgarità del sindaco, mi fa paura la leggerezza di opinioni». Ivano Artioli, presidente provinciale dell’Anpi, commenta così quanto successo a Predappio, dove il primo cittadino Roberto Canali ha negato un contributo di 370 euro a due studenti per la partecipazione al progetto «Promemoria Auschwitz», sostenendo che il treno per Auschwitz è un treno di parte e che la storia va conosciuta tutta, foibe e gulag inclusi.
«NEGAZIONISMO STORICO»
Secondo Artioli le dichiarazioni di Canali altro non sono che negazionismo storico: «Non so mai se si tratta di ignoranza o di volontà deliberata di nascondere certi fatti. Gli ebrei italiani non sono stati deportati perché i nazisti sono arrivati a prenderli di loro spontanea iniziativa. Sono stati deportati perché i fascisti avevano stilato un elenco di persone. A rimetterci, primo fra tutti, il ghetto di Roma». L’Anpi da sempre è tra le associazioni che sostengono i viaggi della memoria degli studenti: «I ragazzi tornano da quelle esperienze cambiati, con uno sguardo nuovo sul mondo, una capacità diversa di leggere la storia, una responsabilità maggiore rispetto al tema della pace». In questo senso, secondo il presidente bisogna aumentare l’impegno: «Noi, così come le forze del lavoro e i partiti democratici, davanti a un clima così preoccupante dobbiamo fare ancora di più affinché questi viaggi diventino un’esperienza sempre più alla portata di tutti».
«ESPERIENZE TOCCANTI»
Sulla stessa linea Giuseppe Masetti, direttore dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Ravenna: «Sulle dichiarazioni del sindaco di Predappio c’è ben poco da commentare, se non che siamo davanti a un’infelice pochezza di pensiero. Oltretutto, i viaggi della memoria si fanno in tutti i luoghi della memoria del Novecento, anche le foibe di Trieste se lo si vuole. Non è vero che si tratta di esperienze di parte. Noi teniamo a dire che è dal 2000, ancora prima che uscisse la legge, che organizziamo i viaggi degli studenti e dei docenti. In ottobre sono stato ad Auschwitz, Birkenau e Cracovia con cinquanta ragazzi delle quinte superiori di diverse scuole della provincia. Partiamo ogni volta con gli studenti più motivati, che in quarta seguono con noi un percorso propedeutico e che, una volta tornati a casa, diventano disseminatori della loro esperienza per i compagni». Sono diversi i canali per ottenere un finanziamento: «A sostenere economicamente i viaggi della memoria, sul nostro territorio, è principalmente la Regione. C’è, poi, la Fondazione "Bella Ciao" e ci siamo noi, che ci mettiamo del nostro con risorse proprie. Ma abbiamo anche il compito, quando le singole scuole chiedono il contributo a Bologna, di vagliare i progetti, che devono avere rigore scientifico e non essere usati in modo strumentale. Lo scorso anno sono stati ammessi tutti. In quel caso, capita che siano classi intere a partire, diversamente da quanto facciamo noi, che andiamo a coinvolgere ragazzi provenienti da istituti diversi: 20 da Ravenna, 15 da Faenza e 15 da Lugo». Ragazzi che non tornano mai a casa come sono partiti: «Anche i più vivaci, alla fine, crescono moltissimo. Sono sempre esperienze toccanti, dalle quali ci si porta a casa qualcosa. Succede anche a me che sono stato una ventina di volte. C’è un’efficacia sempre nuova. E portare i ragazzi, nonostante sia molto impegnativo, ripaga».
«DISPONIBILI A CONTRIBUIRE»
Anche Primo Pezzi, presidente dela Fondazione «Bella Ciao», è sempre più convintoo, anche alla luce del caso di Predappio, della necessità di intensificare e promuovere sempre di più i viaggi della memoria: «L’anno scorso abbiamo dato un nostro contributo a uno dei viaggi, se saremo di nuovo chiamati in causa faremo senz’altro la nostra parte. In un momento come questo, in cui si nega la storia e si attacca la Costituzione, è più che mai necessario sostenere la conoscenza da parte dei ragazzi. Sono molto contrariato davanti alle dichiarazioni di Roberto Canali, che ha espresso un pensiero tipico di chi nega la storia».