Vela, il grinder ravennate Molineris da Auckland: "Quando ero bambino sognavo Luna Rossa, adesso il sogno si chiama Coppa America"
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Tomaso Palli
Una vita passata in barca e la prospettiva di continuare in una carriera solo agli inizi. Umberto Molineris di strada ne ha fatta da quando approcciava la barca a vela al Circolo Velico Ravennate, lì dove è cresciuto. Oggi, alla sua prima America’s Cup, conta già una Prada Cup con la possibilità di giocarsi le proprie carte nella più ambita Coppa America contro i padroni di casa, i kiwi neozelandesi.
Molineris, l’ultima volta di Luna Rossa in Coppa America aveva dieci anni. Ora è lei ad essere un protagonista.
«Nel 2000 ero molto piccolo ma ho tanti ricordi: iniziavo ad andare in barca, mi appassionavo alla vela e ricordo il momento in cui Luna Rossa vinse la Louis Vuitton Cup. Viverlo in prima persona è stato emozionante, siamo contentissimi. Sul momento c’è adrenalina, festeggi con i compagni ma con la consapevolezza che quello è solo un primo passo verso l’obiettivo finale».
Vi siete goduti la vittoria o la testa è andata subito alla sfida con New Zealand?
«Abbiamo festeggiato com’è giusto che sia dopo un risultato del genere: 24 ore di relax, ma già martedì siamo tornati a pieno regime per l’obiettivo più grande. Dietro a tutto questo c’è lo sforzo di 115 persone e famiglie. È bello vedere le facce un po’ più rilassate di tutti loro, questo è ciò che fa più piacere».
Qual è la giornata-tipo di un velista?
«Siamo molto condizionati dal meteo. La sveglia è presto per l’attivazione fisica prima di spostarsi alla base: tra meeting e system check (provare le funzioni utilizzate in barca, ndr) iniziano le procedure di messa in acqua della barca, dove entrano in gioco soprattutto tecnici e shore team. Restiamo in mare per 4/5 ore prima che la barca torni nei capanni. Tocca poi nuovamente a tecnici e shore team per manutenzione e, se in fase di sviluppo, alcune modifiche. In questi anni, anche i velisti hanno seguito la fase di sviluppo: ognuno di noi è stato assegnato a una determinata area lavorando a stretto contatto con designer, ingegneri e tecnici e questa cosa ci ha fatto ha fatto crescere tanto».
Lei è grinder: cosa significa?
«Ce ne sono quattro per lato in un equipaggio di undici persone. I grinder sono velisti che girando delle maniglie per mandare pressione al sistema idraulico. Ho un altro ruolo insieme al mio alter ego sul lato opposto: regoliamo la vela di prua, più altre piccole funzioni. Il tutto tramite tastiere, joystick e pulsanti che regolano le varie manovre».
In questi mesi di campagna, le forze in gioco sono cambiante: come siete riusciti a migliorare dopo un avvio difficile?
«I più esperti dicono che lo sviluppo della barca, nel momento in cui inizi a regatare, è esponenziale e la curva di crescita è ripidissima. Eravamo consapevoli di avere un pacchetto molto performante con tanti punti su cui lavorare. Abbiamo capito dove spendere energie, fatto tante ore in mare seguite da altrettante di sviluppo per tecnici e designer e i risultati si sono visti».
Quanto è servita la semifinale con American Magic?
«È stata molto utile perché le performance erano molto simili ma a noi mancava il regatare, l’essere più freddi nei momenti concitati. Alla fine, è stato un bene poterci confrontare con gli americani, anche se solo quattro regate. Ci ha insegnato tanto».
Ora l’appuntamento con Emirates Team New Zealand.
«Sono i più forti al mondo, hanno sviluppato la barca qua (golfo di Hauraki, ndr) e conoscono perfettamente le condizioni. Dalla nostra, l’aver regatato già contro altre barche mentre loro stanno navigando da soli che può essere importante per lo sviluppo ma non allenante per il “barca contro barca”».
È cresciuto nel Circolo Velico Ravennate, il legame è forte?
«Ho iniziato e sono cresciuto in barca lì. Ringrazio tutti loro per l’appoggio e per quello che mi hanno insegnato quando ero più piccolino. Negli ultimi anni sono stato davvero poco a Ravenna ma ogni volta che torno, passo sempre a salutare i vecchi amici. È un posto che mi sta a cuore».
Voi campioni da esempio per i piccoli aspiranti velisti del futuro. Sente questa responsabilità?
«È stato così anche con me e spero possa essere così anche per tanti bambini. Ho iniziato ad andare in barca durante le prime campagne di Luna Rossa con il sogno, come quasi tutti quelli che iniziano con l’optimist, della Coppa America. Ho anche avuto tanta fortuna perché al Circolo Velico Ravennate c’erano già tante persone che avevano partecipato alla Coppa America e in più il trofeo Trombini, tappa importantissima del Match Race Wolrd Tour, radunava ogni estate velisti e campioni come lo stesso Spithill (timoniere Luna Rossa, ndr)».
In Italia vi seguono nonostante l’orario proibitivo. Ha un messaggio?
«Sentiamo una grossa responsabilità anche vedendo le persone che puntano la sveglia al mattino per seguirci. Forse, uno stimolo in più. Alcuni, causa fuso orario, non riescono a guardarci. Anche per questo ci piacerebbe vincere la coppa, per portarla a tutti i nostri tifosi».