Un ravennate e una russiana coinvolti in un progetto fotografico internazionale sul lockdown

Romagna | 17 Gennaio 2021 Cultura
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Federico Savini
Quindici sguardi (non solo) italiani per raccontare il «tempo sospeso» del lockdown della scorsa primavera. Quindici modi di filtrare l’anomalia di un mondo in cui è sempre domenica (da intendersi nella connotazione più depressiva possibile) attraverso il medesimo, vetusto strumento: una macchina fotografica Ferrania Eura. E’ questa l’idea, semplice nell’imprinting ma struggente, poetica e sottilmente ironica negli esiti, che sta alla base di A Long Sunday, progetto di documentazione fotografica dei giorni della pandemia coordinato da Roma dall’autrice televisiva e appassionati di fotografia Chiara Vannoni, approdato sul sito www.alongsunday.com, dove sono visionabili tutte le foto del progetto, tra cui quelle di due autori del nostro territorio: Erica Babini di Russi e Stefano Pelloni di Ravenna.
«La mia Ferrania Eura arriva direttamente dall’armadio-dimenticatoio di una mia prozia - racconta Chiara Vannoni -, per me ha un particolare valore affettivo perché la lego ad alcune gite d’infanzia, ma mi è sembrata la macchina migliore per documentare il lockdown proprio per il clima anni ’50 in cui siamo piombati di punto in bianco. Io abito in una metropoli come Roma e ho visto trasformarsi l’ambiente circostante in un quartiere che sembrava uscito da un racconto di Pasolini. La Ferrania Eura era quell’occhio antico che mi serviva per raccontare un mondo improvvisamente invecchiato, ma anche in senso buono, coi rapporti umani inevitabilmente “a distanza” ma nello stesso tempo più necessari e “caldi” che mai».
L’intuizione, insomma, era di quelle da condividere, così Chiara ha avviato una call per possessori di Ferrania Eura che a loro volta hanno preso a documentare la propria realtà di quei giorni. Anche perché avere traccia di quanto accadeva in primavera si sarebbe rivelato utile - e in parte anche straniante - a soli pochi mesi di distanza, come puntualmente verificato in questi giorni. «Questa macchina fotografica permette di ottenere alcuni effetti particolarissimi - spiega Chiara - e anche se i 15 fotografi hanno storie, professionalità e prospettive diverse, in tutti ritrovo un mood da sospensione assoluta che fa pensare a Luigi Ghirri e mi ricorda la romantica malinconia delle domeniche pomeriggio provinciali di quanto ero bambini, permeare di calma, noia e silenzio. Quelle foto ci dicono chiaramente che poi, in estate, tanta gente ha attuato un processo di rimozione dell’emergenza. Le seconde ondate asiatiche ci avrebbero dovuto allertare ma non è stato così. Su questo le foto di primavera stanno lì a interrogarci».
Viviamo infatti una fase in parte simile ma anche assai diversa dalla quarantena primaverile. Vale la pena di documentarla?
«Ho fatto una open call parzialmente diversa dalla prima, per un nuovo progetto - rivela Chiara Vannoni -. Questa spedirò letteralmente la macchina fotografia, via posta, a chi aderirà e si impegnerà a seguire certi vincoli, con qualche spazio di libertà. Poi la macchina verrà nuovamente spedita e passerà di mano in mano per avere un esito finale imprevedibile».


Erica Babini
«Ho saputo di “A Long Sunday” attraverso Instagram e in particolare perché l’hashtag “Ferrania Eura” non è proprio comune. Io possiedo una di queste macchinette, visto che sono appassionata di fotografia da anni e l’ho trovata in un mercatino delle pulci. A differenza di altri partecipanti al progetto, che magari abitando in città caotiche potevano già osservare una realtà mutata solo affacciandosi dalla finestra su strade deserte, a Russi la calma non è una novità, quindi ho concentrato tutti i miei scatti in quei pochi momenti in cui potevo uscire di casa. Ovviamente la fila alla spesa è una delle prime cose che ho immortalato, e poi la piazza semi-vuote, le transenne, le mascherine e così via. Riguardandole oggi devo dire che a loro modo sono foto “forti”, vivide, perché abbiamo limitazioni anche adesso, ma non è paragonabile alla primavera. Se dovessi documentare con la stessa chiave quello che succede oggi penso che mi concentrerei sui ristoranti chiusi e il coprifuoco notturno».

Stefano Pelloni
«La Ferrania Eura è una macchina che ho trovato, in perfette condizioni, qualche anno fa in un mercatino di Savio. L’ho presa soprattutto per sperimentale, dato che la fotografia è uno dei miei campi d’interesse. Lo portai con me a Budapest, al matrimonio di due amici e finì per usarla dopo che mi si ruppe la digitale. Poi caricai le foto sui social, taggandole con il nome della Ferrania Eura e così sono entrato “nella rete” di Chiara Vannoni, scoprendo poi il progetto “A Long Sunday”. L’idea di Chiara ha intercettato perfettamente quello che già stavo facendo in lockdown, cioè il semplice documentare la mia esistenza in quegli strani giorni. Io insegno recitazione in una scuola di musica e faccio pure body painting, tutti lavori nei quali il contatto è fondamentale. Di conseguenza, non solo non potevo più lavorare ma, abitando in un palazzo con tanti vicini anche anziani decisi di mettermi in auto-quarantena precauzionale, perché senza sintomi non potevo fare tamponi e non avrei mai voluto contagiare qualcuno, nel caso fossi stato asintomatico. Ho rimesso il becco fuori casa solo ai primi di maggio, trovando i vicini che giocavano a tennis fra un recinto e l’altro e finendo così per conoscere delle persone che vivevano a due passi da me ma con le quali non avevo mai parlato. Quindi è stato un periodo straniante ma con lati belli. Oggi rifarei la stessa cosa: documentare un periodo ancora anomalo, ma che comunque mi pesa meno: il virus lo conosciamo meglio, ci attrezziamo e il tutto assume tratti che sono ancora drammatico, ma almeno non altrettanto claustrofobici rispetto alla primavera».
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