Triathlon, alla scoperta dei Cerviaman, sudore e beneficenza: «Sport e sociale la nostra missione»

Romagna | 16 Settembre 2022 Sport
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Tomaso Palli
Che lo sport faccia bene è oramai un assioma giustamente ritenuto tale. Che però lo sport possa anche, e in questo caso soprattutto, aiutare a fare del bene non è di immediata compressione. Chi riesce ad unire i due mondi è Cerviaman, un’associazione sportiva cervese fondata da Matteo Tarroni e Roberto Bagnolini sulla spinta dell’Ironman che quest’anno, in Riviera, giunge alla sua quinta edizione. Nuoto, bicicletta e corsa uniti all’aspetto benefico che ha già portato ottimi risultati: «Non ci aspettavamo un riscontro così alto dalla comunità - spiega il portavoce Tarroni - e siamo ben oltre il nostro pensiero iniziale. Il messaggio è passato, era il nostro l’obiettivo ed è la nostra vera vittoria».
Tarroni, che cos’è Cerviaman?
«Siamo partiti come gruppo, insieme dal 2018, decidendo di rappresentare i colori cervesi all’evento Ironman nella nostra terra. A questo gruppo abbiamo legato una serie di eventi per raccogliere denaro da devolvere in beneficenza a ragazzi disabili e associazioni che li aiutano. Da quest’anno, però, siamo diventati una vera e propria squadra di triathlon affiliata alla Fitri (Federazione Italiana Triathlon, ndr) grazie anche al legame con la Polisportiva Saline Romagna». 
Quanti iscritti contate? 
«Da cinque, oggi contiamo un gruppo di oltre 40 persone. I soli tesserati Cerviaman sono 24/25 mentre i restanti appartengono ad altre società ma sposano il nostro progetto e seguono le nostre attività sul Comune di Cervia per cercare di diffondere il messaggio che portiamo». 
Ecco quindi il sociale. Ma è partito tutto da lì?
«Il nostro obiettivo è sociale, di promozione e aggregazione: a noi piace riunire la comunità. Ma è tutto nato, casualmente, dall’Ironman del 2018. Dopo aver fatto nascere questo gruppo, in un secondo momento abbiamo pensato all’aspetto benefico e così, un passo dopo l’altro, siamo arrivati ad oggi con ottimi risultati». 
Qui che si inserisce la giovane Azzurra?
«Quest’anno abbiamo deciso di legarci ad Azzurra e all’Airett (Associazione Italiana Sindrome di Rett, ndr). L’anno scorso abbiamo fatto lo stesso per Anita e l’Abc (Associazione Bambini Cri du chat, ndr). Mentre l’anno prima abbiamo svolto un’attività simile ma sul locale. Noi portiamo la nostra bandiera, quella di Cervia, e grazie a questo otteniamo sponsorizzazioni da persone o attività locali. L’intero ricavato, a cui si aggiunge il merchandising, va per la causa che sposiamo». 
Pensiamo all’Ironman: cosa significa per un cervese?
«Quest’anno non ci sarò ma ho partecipato alle tre edizioni precedenti. Per spiegarlo devo fare un passo indietro, al 2017. Ho visto partire la gara e mi sono detto di dover partecipare anche io. Da lì è iniziata la mia avventura come triatleta e credo sia questo lo spirito che ha portato noi tutti a fare l’Ironman. E farlo a casa tua è solo un vantaggio, percepisci meno la fatica e la folla ti trascina all’arrivo».
Importante per la comunità?
«È così, per l’intera comunità cervese. Dobbiamo cercare di far crescere l’attaccamento del singolo cervese: più noi siamo coinvolti, più Ironman lo sarà e per più tempo rimarrà a Cervia. Più rimarrà qua, più l’impatto sul territorio aumenterà in senso positivo».
Ora l’aspetto sportivo: come si prepara un Ironman?
«Come ogni altra cosa perché credo che l’Ironman sia metafora della vita: tutti i giorni fai il tuo, passo dopo passo, con impegno e dedizione per arrivare al risultato. Lo devi fare ogni giorno, anche quando hai la giornata no, devi sempre andare avanti. L’Ironman è questo. O meglio, io lo vivo così».
Lei non ci sarà. Ma quanti vostri rappresentati al via?
«Sabato (3,8 km di nuoto, 180 km di bici e 42,095 km di corsa, ndr) ne contiamo sei mentre nel 70.3 di domenica (1,9 km di nuoto, 90 km di bici e 21,097 km di corsa, ndr) ce ne saranno quindici. A questi, altri che, come dicevo prima, sposano l’associazione ma non fanno parte della nostra società. E sono tutti cervesi».
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