Tredozio, Massimo Mercelli consegnerà il premio dell’Erf a Elio

Romagna | 15 Luglio 2023 Cultura
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Federico Savini
«Trasgredendo sugli schemi più rigidi e “seduti” della musica e dei suoi rituali standard, Elio ha scardinato tutta una seriosità connaturata a questo settore, ma è riuscito a farlo rispettando sempre molto la musica, che ama da morire. E infatti, anche se superficialmente a qualcuno potrebbe non sembrare, si è sempre comportato da musicista assolutamente serio». Dovendo sintetizzare, Massimo Mercelli dell’Emilia Romagna Festival motiva così l’assegnazione del XIV premio alla carriera dell’Erf a Stefano Belisari, noto a tutti come Elio delle Storie Tese, musicista certamente non ortodosso se parliamo di classica e colta, ma che con questi settori della musica ha sempre avuto molto a che fare. Tanto che nella sua attività solistica è una buona ventina d’anni - a partire da un allestimento del 2000 del L’Opera da tre soldi di Brecht con Athina Cenci – che Elio si è gettato a capofitto nel mondo della musica colta, praticandolo in prima persone e divenendone preziosissimo divulgatore intergenerazionale. Anche perché per lui si tratta di un amore giovanile.
Il premio sarà consegnato a Elio sabato 15 alle 15 a Palazzo Fantini, a Tredozio; per l’occasione, Elio converserà con Massimo Mercelli ed eseguirà alcuni brani al flauto, accompagnato al pianoforte da Pietro Beltrani. «La consegna del premio Erf - spiega Massimo Mercelli, flautista di fama internazionale nonché presidente del festival - è sempre un appuntamento piacevole, che può riservare sorprese. Ricordo ad esempio Uto Ughi che fece un sondaggio tra il pubblico chiedendo quale suonava meglio tra i violini che aveva portato con sé. Con Elio ci si può aspettare di tutto».
La scelta di premiare Elio per la musica colta è coraggiosa ma nello stesso tempo forse inevitabile, dato il suo impegno ormai ventennale su questo versante. Quali le motivazioni?
«Elio è proprio una persona devota alla musica, è serissimo in ogni campo in cui opera, anche quando lo fa con la chiave dell’ironia, e sta facendo tanto per il nostro mondo. In effetti per noi era praticamente doveroso premiarlo, anche se lui, quando l’ha saputo e ha visto chi è stato premiato in passato, si è commosso».
Tra l’altro siete entrambi flautisti...
«Non solo, siamo anche allievi dello stesso maestro: Adalberto Borrioli. Ci conosciamo da una vita, la nostra è proprio un’amicizia di lunga data. Elio scherza sempre sul fatto che io ero il prescelto di Borrioli, mentre lui ha doturo “fare un altro lavoro”. Posso dire che gli è riuscito bene, il maestro può essere soddisfatto di entrambi! Lui tra l’altro ha sempre preso il flauto molto sul serio, gli capita di usarlo qualche volta anche in ambito pop ma quando lo fa nella classica io sento che ha una grande preparazione e passione. Ricordo in particolare un splendido duetto mozartiano che facemmo tempo fa».
L’importanza di Elio per la divulgazione della classica?
«È enorme, soprattutto da quando l’insegnamento della musica è scomparso, come materia obbligatoria dalle scuole. Un paio di generazioni è come se non ‘potessero’ avere curiosità per la musica colta, e questo semplicemente perché non la conoscono, mica che hanno colpa! Ecco, una figura come Elio e insieme a lui i compositori di musica per il cinema sono come degli ambasciatori che creano stimoli e curiosità in fasce di ascoltatori che, diversamente, non raggiungeremmo».
Come le ha motivato, Elio, il ritorno prepotente alla classica di questi anni?
«Beh, diciamo che l’ha sempre avuta nel cuore. In particolare ha una stima per Rossini che sconfina nel fanatismo; dice sempre che Rossini a 25 anni compose Il barbiere di Siviglia mentre oggi a quell’età si produce al massimo del rap, che a lui di solito non piace. Poi si sta spendendo non solo sul palcoscenico, ma ha curato anche trasmissioni tv sulla lirica, sempre con grande serietà e ben conscio del fatto di rivolgersi a un pubblico potenzialmente nuovo per la musica colta».
Una musica, la classica, che ha sempre avuto aspetti buffi e umoristici, quelli che di solito leghiamo a Elio ma, appunto, non alla musica classica. Si potrebbe fare riemergere questo aspetto?
«Sarebbe di sicuro auspicabile ma non è facile. Ad ogni modo, l’esistenza stessa dell’‘opera buffa’ direi che parla chiaro, e parliamo di un repertorio di 300 anni fa. Poi è vero che col romanticismo ha prevalso un altro tipo di umore e di trame operistiche, ma con Mozart e Pergolesi ci si divertiva un mondo, si rideva proprio a teatro. L’opera buffa è ancora oggi divertente, ma richiede uno sforza di concentrazione, perché i testi vanno studiati e ascoltati, anche per capire come la musica sia ben congegnata a sostenerli. E la concentrazione, purtroppo, è uno scoglio soprattutto per generazioni che sono state abituate a TikTok e alla velocità dei Social. Vincere questa disabitudine alla concentrazione è oggi la nostra sfida più grande, in termini non solo musicali ma proprio educativi».
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