Tennis, il talento ravennate Federico Bondioli: «Il mio exploit agli Australian Open, il duro lavoro e i consigli di Sinner...»

Marco Ortolani
La lontanissima Melbourne ha ospitato la prima presenza nel tabellone principale di uno Slam, nella categoria Junior, del ravennate Federico Bondioli, classe 2005, uno dei più interessanti talenti del nostro tennis, nella scia di una «produzione» di giocatori di vertice che, per trovare precedenti, deve arretrare fino agli Anni Settanta di Panatta, Barazzutti e Bertolucci. Bondioli ha avuto un pessimo sorteggio che, nel primo turno di singolare, lo ha messo di fronte al belga Blockx, che ha vinto il match e poi ha vinto il torneo. L’attenzione si è spostata sul torneo di doppio, affrontato con lo sloveno Kriznik, che è proseguito fino ad una prestigiosissima semifinale persa, contro una coppia statunitense che poi si è imposta anch’essa nel torneo. «Emozioni fortissime - riferisce Federico - perché abbiamo giocato e ci siamo mossi negli stessi ambienti frequentati dai grandi campioni, che qualche volta ho avuto il tempo di veder giocare o allenarsi».
Bondioli, che rapporto ha con la specialità del doppio?
«La mia preparazione è rivolta soprattutto al singolare - risponde il ravennate che aveva già disputato il torneo Wimbledon, fermandosi alle qualificazioni - ma il doppio lo gioco sempre con discreti risultati, perché mi aiutano le mie caratteristiche di risposta e di movimento a rete. Il mio compagno abituale è infortunato e così avrò un compagno occasionale anche nel prossimo torneo (dal 10 febbraio in Egitto, ndr) stavolta della Repubblica Ceca». 
Come si svolge la sua giornata-tipo?
«Mi alleno da alcuni anni a Sassuolo. La mattina ho una seduta di atletica e una di tennis. Al pomeriggio un’altra di tennis e un’altra di atletica».
Sembra un programma faticoso…
«Lo è. Ma ci sono abituato, è la strada che ho scelto. A parte la fatica che è necessario fare non ci sono altre privazioni che mi pesino più di tanto». 
Ha avuto contatti con i campioni che ha visto a Melbourne?
«Ne ho visti molti, ma mi sono trattenuto di più con Sinner, che già conoscevo. Mi ha detto di insistere, di lavorare tanto. Lui ha questa mentalità rivolta al lavoro».
Obiettivo Roland Garros?
«Prima ci sono vari tornei sia per junior sia di categoria pro, che è quella che introduce al mondo open. Se faccio i punti necessari sì, sarò a Parigi».
La «coltivazione» di un talento tennistico è impresa che richiede tanto sostegno. Federico è nato in una famiglia sportiva (la mamma ha giocato a pallavolo e papà Gianluca era un buon giocatore di beach tennis) che si è messa al suo servizio: «E mettiamoci anche il ruolo dei nonni - aggiunge mamma Maria Adele - con Federico che è stato agevolato dalla sua posizione di figlio unico e nipote unico. I sacrifici sono stati tanti, ma ci ripaga vederlo felice di fare la cosa che più gli piace. E anche per noi sono state esperienze preziose e emozionanti. Siamo partiti dallo Zavaglia di Ravenna, poi Federico è entrato nelle cure di Piatti, a Bordighera. E proprio quel team ha fatto ricreare a Sassuolo le condizioni per farlo crescere».