Tatiana: «Dieci anni che vivo a Ravenna, ma per la legge non sono italiana»

Romagna | 27 Febbraio 2021 Mappamondo
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Silvia Manzani
Qui posso studiare ma paradossalmente non posso lavorare rappresentando l’Italia». Niente concorsi pubblici per Tatiana Tchameni, 28 anni, originaria del Camerun e arrivata a Ravenna quando aveva dieci anni. A due anni dalla richiesta di cittadinanza, il suo iter burocratico pare ancora indietrissimo, in più ha avuto la sfortuna che il nuovo decreto legge che prevede 24-36 mesi per acquisire la cittadinanza italiana non sia retroattivo: «Un vero peccato, perché quando ho fatto domanda la legge sulla cittadinanza prevedeva quattro anni di iter. Non posso farci niente, è legge. E così non mi posso aspettare il riconoscimento entro breve». Vedendo passare davanti a sé opportunità di formazione o lavoro che non può cogliere, Tatiana non la vive bene: «Sono qui da quando ero bambina, dalla quinta elementare in poi ho frequentato solo scuole italiane, sono stata un’atleta di lotta greco-romana femminile a livello agonistico dai 12 ai 16 anni circa, periodo in cui mi allenavo nella palestra della compagnia Csrc Portuali Ravenna, con cui ero tesserata: ho rappresentato la città di Ravenna e la regione Emilia-Romagna nelle varie gare sportive fino alla coppa Italia, posizionandomi sempre sul podio come in tutte le competizioni a cui ho partecipato. Fino a che, non avendo la cittadinanza italiana, non potei partecipare ai campionati italiani assoluti». Tatiana si è poi laureata a Padova in “Scienze politiche, relazioni internazionali e diritti umani”. Eppure, per la legge italiana non lo è ancora. Anche durante il suo percorso formativo universitario, la ragazza qualche ostacolo lo ha incontrato: «Al di là della frustrazioni di sentirsi definire, nei moduli, “equiparata agli italiani”, non ho potuto avere accesso ai progetti europei, semplicemente perché non ero abbastanza italiana per rappresentare questo Paese, che è poi il mio Paese. Da fuori possono sembrare cose di poco conto ma non lo sono affatto. Anche a livello simbolico, oltre che pratico, attestare che sono italiana ha un valore. In fondo, ogni volta che torno in Camerun, mi fanno notare che non sembro una del posto. Mentre qui, dopo che hanno superato i dubbi legati al cognome e al colore della pelle, le persone sono solite dirmi “ma allora sei italiana!”. Io sono fiera di questa doppia identità, di avere in me la mescolanza di entrambe le culture».
Samantha, la sorella di Tatiana, che è nata a Ravenna e ha compiuto 18 anni lo scorso dicembre, otterrà invece la cittadinanza dopo aver presentato la domanda in Comune («al costo di 250 euro») entro un anno dal compimento della maggiore età, come prevede la legge in vigore: «Io sono contenta per lei, mi piace l’idea che possa avere le possibilità che a me vengono negate e che non venga discriminata dalla legge, visto che nel prossimo anno accademico diventerà una studentessa universitaria. Ma se si analizza questa storia nel profondo, se ne colgono tutte le contraddizioni. Anche se sono nata in Camerun e giunta qui a 10 anni, abbiamo praticamente avuto lo stesso identico percorso scolastico. Morale: mia sorella è cittadina italiana, io no. Eppure siamo parte della stessa famiglia, cresciute entrambe a Ravenna da genitori camerunesi ben integrati e radicati a Ravenna». Se in Italia ci fosse una legge sullo ius soli, e con esso lo ius culturae, Tatiana alla cittadinanza avrebbe diritto, avendo studiato in Italia: «Fa male che quando passavo gli esami all’università, magari con la lode, ero italianissima. Poi, per altre questioni, divento camerunese. Chiaramente è un discorso che esula da me: le conseguenze negative delle contraddizioni legate alla legge sulla cittadinanza in Italia non impattano anche su tanti giovani di seconda generazione, sia a Ravenna che in altre parti d’Italia.  Davvero non capisco come e perché una nazione debba investire sugli universitari extracomunitari più meritevoli con tanto di borse di studio, per poi non metterli nelle condizioni di servire il Paese. Mi sembra anche uno spreco di denaro pubblico da parte di chi è stato al Governo negli ultimi 30 anni. Sono cose che andrebbero denunciate alla Corte dei Conti». Tatiana si augura che al più presto giunga un momento in cui tutta la classe politica si accordi per definire una legge sulla cittadinanza che dia veramente la possibilità a tutti i cittadini desiderosi di effettuare un percorso di crescita positivo di sentirsi par integrante di questo Paese, senza alcuna discriminazione: «L’Italia non può permettersi di sprecare così le sue energie, non riconoscendo i sacrifici fatti. E poi si parla di fuga dei cervelli».
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