Storie di famiglie ravennati: "Da un giorno all'altro senza stipendio"
![storie-di-famiglie-ravennati-quotda-un-giorno-allaltro-senza-stipendioquot](/inc/scripts/crop.php?img=https://backoffice3.titanka.com/verticalizzazioni/4897/254/upload/1588750845_ss04cristina.jpg&w=420&h=248)
Barbara Gnisci
Un contratto che finisce, una disoccupazione che arriva a scaglioni, un marito in cassa integrazione, una figlia da crescere e mutuo e bollette che continuano ad arrivare. Questa è la situazione in cui si trovano tante persone in un periodo in cui molte certezze sono state scardinate e ci si deve adattare a scenari a volte troppo complicati da gestire. «Lavoro come parrucchiera da quando ho 16 anni - racconta Jessica Petrarolo, ravennate - a parte una pausa di un paio d’anni dopo la nascita di mia figlia. L’anno scorso ho ricominciato in un salone di Ravenna, in sostituzione di una maternità, e a fine febbraio mi avrebbero rinnovato il contratto se non fosse stato per il Coronavirus». Non è solo Jessica a trovarsi a casa dal lavoro, ma anche suo marito Michele, che fa il metalmeccanico: «Noi siamo giovani, abbiamo entrambi 30 anni, e tutti i nostri risparmi li abbiamo messi nel mutuo che, insieme alle bollette, abbiamo continuato a pagare, nonostante un calo repentino nelle nostre entrate economiche». Poi qualcosa si è smosso: «La disoccupazione arriva un po’ alla volta; Michele, che ha smesso di lavorare in concomitanza del decreto del 9 marzo, ha ricevuto la prima mensilità di cassa integrazione grazie alla sua azienda che l’ha anticipata a tutti i lavoratori. A me mancano ancora il Tfr e l’ultimo stipendio di febbraio, ma so che arriveranno. Le aziende sono soffocate da tasse e varie spese. Anche a me piacerebbe avere un negozio tutto mio, ma se non cambiano alcune cose, non credo che accadrà. Non vorrei mai trovarmi al posto di alcuni datori di lavoro». Intanto arrivano aiuti concreti: «Abbiamo ricevuto il bonus spesa dal Comune di Ravenna e l’Auser ci ha fatto due grandi spese, sostegni che ci hanno permesso di cavarcela dignitosamente. Siamo sempre stati autosufficienti e ritrovarci improvvisamente a non sapere come fare è stata dura». Intanto, si muove qualcosa anche per il futuro: «Michele, con la fase 2, è tornato al lavoro e il mio datore di lavoro mi ha chiamato per dirmi che, appena riapriremo, continuerò a coprire la maternità. Mi chiedo come cambierà il lavoro. La nostra è una categoria particolare, come faranno i piccoli negozi? Dovranno lasciare a casa parte del personale? Ma mi contraddistingue un perenne ottimismo, credo che una soluzione in ogni caso si troverà».
Più incerta è la situazione di Cristina Lama, 53enne ravennate che aveva cominciato a lavorare al Mercato coperto nel mese di dicembre: «Dopo qualche anno passato tra un’azienda e l’altra, ero approdata in un luogo che mi piaceva tantissimo, lavoravo come addetta alla libreria. Avevo un contratto a chiamata che è scaduto proprio a marzo. Ora sono in disoccupazione, ma avendone già usufruito non andrà oltre qualche altro mese. Oltretutto, come si sa, la cassa diminuisce gradualmente con il passare del tempo». Cristina vive con suo marito e con una figlia adolescente: «Enrico è un consulente di energia ma, con le aziende chiuse, ha smesso di fatturare più o meno nello stesso periodo in cui io sono rimasta a casa. Per fortuna ha percepito il bonus per chi ha la partita Iva ma non sappiamo quando riprenderà a lavorare». Cristina continua a guardarsi in giro: «Io odio stare a casa, per me è fondamentale avere un lavoro e in questo periodo non ho mai smesso di cercarne uno, ma non si trova niente, non ci sono offerte e la cosa che preoccupa di più è questa mancanza di prospettive che non si sa per quanto tempo durerà».