Sierologici e isolamento, dal Ravennate quattro storie intorno al Covid

Romagna | 04 Settembre 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
La provincia di Ravenna si conferma tra le prime, in regione, dove si continuano a registrare nuovi casi di contagio da Covid-19. E si continua ad abbassare, in tutta l’Emilia-Romagna, l’età delle persone che si infettano (tra i 30 e i 40 anni a seconda dell’andamento giornaliero). L’aumento dei numeri, chiaramente, si spiega anche  e soprattutto con la sempre più frequente corsa al tampone o al test sierologico. Tra cliniche mobili, personale scolastico che volontariamente sceglie di farsi analizzare, persone che contattano l’Igiene pubblica perché pensano di essersi contagiate o perché rientrano dall’estero o da zone rosse e sorveglianza attiva dei pazienti già noti e dei loro contatti, la fetta di popolazione, spesso asintomatica, che viene sottoposta al controllo aumenta. Come continua a sostenere l’Igiene pubblica dell’Asl Romagna, insomma, l’aumento c’è perché i casi ora vengono cercati di più. In provincia di Ravenna, negli ultimi dieci giorni, la crescita dei nuovi casi si è attestata, ogni giorno, tra i 15 e i 35 circa. Grazie al «contact tracing», sempre negli ultimi giorni i contagiati rintracciati dall’Asl erano il più delle volte familiari o conoscenti di pazienti già conosciuti per essersi infettati, in altri casi persone che tornavano da viaggi, molto meno frequentemente, invece, persone che presentavano sintomi. 

«TUTELO DOCENTI E STUDENTI»
Tra le storie «intorno al Covid» che abbiamo raccolto c'è quella di Marta Saragoni, dirigente del comprensivo «Carchidio-Strocchi», che si è sottoposta al test sierologico nonostante, in un primo momento, avesse avuto delle perplessità: «All’inizio ero titubante perché pensavo al fatto che, anche in caso di negatività, il giorno dopo mi sarei potuta infettare e l’esito, quindi, non sarebbe stato attendibile. Poi, confrontandomi anche con alcuni amici che lavorano nella sanità, ho capito che più persone lo fanno, più c’è modo di capire come stanno le cose in un certo contesto e come è giusto attivarsi per mettere in campo misure più o meno stringenti. Così ho chiamato il mio medico di base e sono andata all’appuntamento». Nel giro di una ventina di minuti, Saragoni ha saputo di essere negativa: «Per come la vedo io, il test dovrebbe essere reso obbligatorio. In una scuola come la nostra, poi, si tratta davvero di un piccolo gesto di grande responsabilità, considerando che ogni giorno accogliamo 180 docenti e 1650 studenti». 

«IN FILA A MARINA ROMEA»
Si è messo in fila alle 6,50 del 31 agosto per essere tra i primi a sottoporsi al test sierologico offerto dalla clinica mobile che quel giorno passava per Marina Romea. Ravennate, 43 anni, Nicola Masino dopo aver ricevuto l’esito negativo è più tranquillo: «In realtà lo ero anche prima, il test lo avevano fatto pure mio padre e mio figlio grande. Ma sapere di non essere asintomatico, non guasta». Titolare di Lab84, un’azienda dove lavorano 22 persone, Masino ha sentito la spinta della responsabilità individuale: «Sia verso i miei dipendenti, che nei confronti dei miei genitori, quasi 70enni, mi sembrava giusto fare un piccolo passo in direzione della tutela di tutti». Quando è arrivato davanti alla clinica mobile, davanti a sé, in coda, Masino aveva otto persone: «I test iniziavano comunque alle nove, io sono andato prestissimo per non dover attendere troppo. Mi aspettavo arrivassero in tanti, in effetti quando i medici hanno iniziato secondo me c’erano circa 300 persone. È stato tutto veloce: ci si disinfetta, si compila il modulo, ci si sottopone alla puntura nel dito. Dopodiché, ci si mette un’altra volta in fila per l’esito: dopo poco, ho saputo di essere negativo. In caso contrario, mi avrebbero fatto il tampone e sarei dovuto rimanere a casa fino ai risultati». 

«NEGATIVO DOPO LA SARDEGNA»
«La mia azienda mi ha fatto sapere che non avrei messo piede in ufficio, al rientro dalle vacanze, se prima non avessi avuto l’esito negativo del sierologico. L’ho trovato giusto, credo che mi sarei mosso nella stessa direzione anche senza una richiesta formale del mio datore di lavoro». Tommaso Onorato, 22 anni, ravennate (nella foto), è tornato il 24 agosto dalla Sardegna, dove è stato una settimana in vacanza con la fidanzata: «Noi eravamo ad Alghero, dove si registrava in quel momento un solo caso di Covid. Tutto diverso dalla situazione di Porto Cervo. All’andata, prima del volo, Alitalia ci ha fatto compilare un’autocertificazione che però non ci è stata ritirata. Tutto tranquillo, a parte che commercianti e taxisti si lamentavano del fatto che i turisti stessero arrivando senza essere troppo controllati». Dopo essere atterrato a Milano, Tommaso è arrivato a Ravenna, dove ha effettuato quasi subito il test: «Anche la mia ragazza, pur senza che le fosse stato richiesto, si è sottoposta al sierologico. Visto che dovevo andare io, ha pensato per scrupolo di fare come me. Siamo entrambi negativi, dunque più tranquilli, ed è stato tutto così veloce che non ho avuto nemmeno disagi al lavoro. Insomma, è un gesto veloce che possono davvero compiere tutti».

«ISOLAMENTO, IL TEMPO NON PASSA»
«Ho visto la mia amica di Lugo fino al 25 agosto, avevamo anche dormito insieme, senza contare che ero entrata a contatto con un’altra ragazza che poi ho saputo essersi infettata. Insomma, ero già dell’idea di mettermi in isolamento. Quando ho saputo che la mia amica era positiva, dalla casa al mare dei miei mi sono spostata a Sant’Agata. E ora sono qui, chiusa nella mia stanza, dove rimarrò almeno fino all’8 settembre». Diciassette anni, per Bianca R. in realtà il tampone è negativo: «Quando ho saputo che la mia amica aveva preso il Covid, le ho chiesto di fare il mio nome all’Asl. Nel frattempo, comunque, mia mamma aveva chiamato il medico di base per sottopormi al tampone “da privatista”. In realtà anche la terza ragazza aveva dato il mio nominativo all’Igiene pubblica e così i tempi si sono velocizzati». Ora Bianca deve aspettare che finiscano i famosi 14 giorni dell’incubazione: «Spero davvero di risultare negativa anche al secondo tampone, non è facile passare le giornate in isolamento. Provo a trascorrere il tempo leggendo, guardando film, sistemando l’armadio. Ma il tempo, lo stesso, non passa mai. Mi impongo di non guardare l’orologio e di non mangiare troppo». Essendo minorenne, l’isolamento di Bianca si ripercuote sulla famiglia: «Anche mia mamma è in isolamento, mentre mio padre può uscire solo per qualche commissione. Ovviamente mi dispiace molto per loro, speriamo che passi tutto in fretta». Intanto l’amica di Bianca, C.T., che ha la stessa età e vive nel lughese, continua a non avere sintomi nonostante la positività: «Io alle Indie di Cervia la notte di Ferragosto, anche se penso di avere preso il Covid in altre circostanze, entrando a contatto con altre persone che poi sono risultate positive. Certo, quella sera in discoteca ho notato che, a differenza di altri posti, non ci hanno provato la febbre all’entrata e i gli addetti alla sicurezza non passavano a dirci di tirare su le mascherine, che non indossava quasi nessuno». È stata C., dopo aver sentito le notizie dei contagi, a contattare l’Asl: «Il giorno dopo ho saputo di aver contratto il Coronavirus e ci sono rimasta un po’ male, anche se non la sto vivendo come una tragedia, anche perché stando bene non ho bisogno di terapie. Il 5 settembre, se sarò ancora senza sintomi, farò un altro tampone. Solo se sarà negativo, ne farà un terzo dopo 24/48 ore per confermare la guarigione». 
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