Scuola, l'allarme dei sindacati nel ravennate: "Mancano docenti e bidelli, in provincia 2mila posti scoperti"

Romagna | 25 Luglio 2020 Cronaca
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Samuele Staffa - Il tempo stringe e le regole sono ancora un po' fumose. Le linee guida uscite dalle scrivanie romane del ministero, con le norme di distanziamento in vista della riapertura della scuola, prevedono un metro di distanza tra le bocche degli studenti quando sono a sedere sui banchi. E l'obbligo della mascherina per gli spostamenti che, fin dalle prossime settimane, potrebbe essere accantonato.
«Le criticità sono molte – spiega Lamberto Benini,  dirigente sindacale Cisl -, ma non possono essere imputate tutte al periodo Covid -. Se pensiamo in modo rigido alle regole per il distanziamento, allora siamo in braghe di tela». Se interpretata alla lettera, bisognerà lavorare parecchio per far tornare i conti: un po' per le dotazioni scolastiche, un po' per il personale. Oltre agli insegnanti, materia sempre all'ordine del giorno, torna a galla la cronica mancanza del personale ata. Soprattutto nelle scuole dei  più piccoli, i bidelli dovrebbero aver tutto sotto controllo visivo. Ma la dotazione, ben prima del Corona virus, era ben lontana dal minimo legale.
«Tutte le ricognizioni sui plessi scolastici – spiega Marcella D'Angelo,  segretaria Cgil scuola Ravenna – tengono conto dell'organico pre-Covid. Stando a questi numeri, dalle scuole dell'infanzia alle superiori, vi sono circa 2mila posti vacanti nel personale. A metà luglio la ministra Azzolina ha promesso su media e social un miliardo di euro per integrare il personale. Ma dopo le promesse, non sono arrivate ordinanze o decreti».
Chi fa le leggi, troppo spesso,  dovrebbe creare tutti i presupposti per rispettarle. Ma è più facile scaricare le responsabilità sui dirigenti scolastici. Un brutto esempio che viene proprio dal mondo della scuola. «Pensiamo alle strutture – aggiunge Benini -, ma prima ancora al personale. Vi sono scuole aperte per 40 ore la settimana, ma i bidelli sono presenti solo 36 ore: una situazione, di per sé , illegale. Le regole non sono chiare e questo è un problema. Il peggior ministro dell'istruzione degli ultimi anni che carica i presidi di responsabilità e gli enti locali di cose da fare. Ma questo non è sola conseguenza del virus o del Covid: si tratta di politiche miopi che in diversi anni hanno portato solamente a tagli».
I problemi già esistevano. Col Covid-19 i nodi sono semplicemente venuti al pettine. Occorre, come al solito, incrociare le dita e buttare il cuore oltre l'ostacolo. Sperando, ancora una volta, che nessuno si faccia male.    
«Il ministero, poche settimane fa, ha voluto riaprire le graduatorie per nuovi docenti – rileva la segretaria Cgil -: in due giorni, da lunedì a mercoledì, sono arrivate 720 richieste. Ma non sappiamo se gli insegnanti verranno effettivamente integrati. Serve un progetto stabile o ci troveremo a settembre, anche se dubito che la questione si concluda in poche settimane, di fronte ad un esercito di precari. E anche se arrivassero nuovi docenti, si troverebbe una soluzione per quest'anno, ma la questione tonerebbe a presentarsi l'anno successivo.
Senza dimenticare la carenza del personale ata, che oltre alle mansioni pre-Covid, sarà chiamato a garantire pulizie più frequenti e una vigilanza ancora più attenta per evitare assembramenti. Sono preoccupata come sindacalista, come docente e come genitore. Stiamo sottovalutando ancora una volta l'importanza di due diritti costituzionali, il diritto alla salute e il diritto allo studio». 
I tempi sono stretti per rivoluzionare strutture e personale. «Chiediamo un confronto a breve – aggiunge Benini – con i politici e i tecnici che partecipano ai tavoli regionali sulla materia.  Servono regole chiare e non contraddittorie. E vogliamo conoscere cosa succederà sul territorio: se riusciremo a ripartire in sicurezza o se andare in chiesa a pregare».
 
 
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