Sant'Agata sul Santerno, Stefano Pirazzini racconta la filosofia dell’Osteria del Boccaccio: «Proponiamo una cucina che tocca le corde del gusto»

Romagna | 01 Dicembre 2023 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Ci sono locali che, in modo pacato, fanno urlare dal gusto. Ci sono realtà imprenditoriali che, al di là delle difficoltà e dei problemi quotidiani, proseguono lungo un’idea che ormai viaggia sulla trentina (d’anni ndr). Ci sono idee e scommesse che, nate dal recente passato, oggi sanno ancora vincere e colpire nel segno. Un esempio? L’Osteria del Boccaccio di Sant’Agata sul Santerno. Terra martoriata in questo 2023 dai danni post alluvione (per fortuna non ha colpito il locale ndr), ma che vede, per sua fortuna, portare all’attenzione generale anche barlumi di speranza e, ovviamente, in questo nostro caso, di gusto. Stefano Pirazzini, assieme alla sua socia Barbara Ricci da 27 anni animano, in sala, l’accoglienza e l’offerta enogastronomica del loro locale. Non è facile e non banale questo traguardo. Non a caso anche la critica nazionale, come il Gambero Rosso (vedi box) se ne sono da tempo resi conto. Abbiamo incontrato «l’Oste».
Un riconoscimento importante arriva dalla guida Ristoranti d’Italia, una bella sorpresa no?
«Una gran bella sorpresa. Siamo felici perché questo è un riconoscimento che va a tutto lo staff. Dalla cucina alla sala siamo una squadra, composta da una brigata di dodici splendidi, affiatati e molto competenti ragazzi. Siamo veramente felici e questo non può che spronarci non solo a continuare su questa strada ma a migliorarci giorno dopo giorno, servizio dopo servizio, stagione dopo stagione».
Cosa caratterizza l’offerta del Boccaccio?
«L’autenticità della proposta in piatto e in calice. Da sempre, da quando all’inizio in cucina c’era mio zio Guerrino Zaffagnini, al quale dobbiamo riconoscere di aver gettato le fondamenta solide sulle quali ancora oggi erigiamo la nostra proposta, volevamo offrire alla nostra clientela materie prime di qualità, stagionalità il tutto arricchito da una preparazione e presentazione che ne valorizzasse l’essenza e la bontà».
Oggi su quali direttrici cercate di prendere il cliente per la gola?
«In cucina assieme a Giovanni De Simone e alla sua brigata, chef che ha avuto nel suo curriculum anche la presenza all’interno delle cucine di Enoteca Pinchiorri, proseguiamo in questa direzione. Parliamo di artigianalità delle proposte, soprattutto per quanto concerne le paste, tutte rigorosamente fatte in casa con il mattarello, stagionalità dei prodotti, cambiamo il menù proprio in funzione delle materie prime di stagione e che troviamo sul mercato, a cui si aggiunge quel pizzico d’innovazione che non guasta».
Essendo una realtà dell’entroterra romagnolo, la grammatica nel piatto immaginiamo sia prettamente «carnivora»?
«No. Noi offriamo una scelta di terra e di mare alla nostra clientela perché crediamo di poterlo fare bene. L’importante è non perdere la bussola che dicevo prima della stagionalità e del rispetto delle materie prime. E’ vero che uno dei nostri piatti più affermati è la grigliata, fatto utilizzando il carbone non la piastra, con diversi tagli e tipolgie di carne, ma alcuni importanti riconoscimenti anche dalla critica nazionale ci sono arrivati proprio in relazione al lavoro fatto sugli ortaggi e sulle verdure. per non parlare della pasta e fagioli».
Nella vostra osteria, del resto il nome non poteva certo esimersi, importante è la carta dei vini. Che ruolo ricopre?
«Importante e fondamentale. Abbiamo in cantina, che è sempre visitabile da parte della clientela, circa 600 etichette. Referenze che dall’offerta locale e regionale arriva fino ai grandi nomi internazionali. Abbiamo infatti diverse referenze francesi, soprattutto Champagne, spagnole ma anche gradi sorsi delle capitali italiani del vino come Toscana, Piemonte, Veneto e Trentino. Uscire per venire all’Osteria del Boccaccio deve essere, ed è quello che da sempre cerchiamo, un’esperienza totalizzante e soddisfacente».

L’Osteria stregò anche Vittorio De Sica nel 1961
In un vecchio casolare romagnolo del ‘700, saggiamente ristrutturato, nasce nel 1997 l’attuale Osteria del Boccaccio. Un nome che ha una motivazione ben precisa. In questa parte della Bassa Romagna, infatti, nel 1961 venne girato «La riffa», uno dei quattro episodi che compongono il film «Boccaccio ‘70», tratto da un’idea di Cesare Zavattini con la regia di Vittorio De Sica. A Sant’Agata sul Santerno, in via San Vitale 14, proprio di fronte al Bar Ristorante Arcobaleno, tra l’altro di proprietà dei genitori di Stefano Pirazzini è nata l’Osteria del Boccaccio. Qui venne girata la scena del bagno di Cuspet, il sacrestano, e del talco gettato da sua madre, che lo preparava a trascorrere una notte d’amore con la Zoe (Sophia Loren), essendo detentore del fortunato numero 68. Non si sa come la troupe scelse quel luogo, il cui interno, a detta dei proprietari, è cambiato poco: solo il camino, che occupava quasi tutta la parete, è stato ridimensionato nel restauro di una ventina di anni fa. Gli archi in faccia a vista, le travi in legno, il grande camino sempre acceso in inverno, i tavoli in olmo caratterizzano ancora l’Osteria. (Fonte Mario Montanari, Una riffa a quattro zampe, 2001 e Giovanni Baldini stampa locale).

Riconoscimenti importanti arrivano dalla guida del Gambero Rosso 2024
L’Osteria del Boccaccio riceve riconoscimenti importanti dalla guida «Ristoranti d’Italia» 2024 del Gambero Rosso. La critica, infatti, al locale di via San Vitale 14, quest’anno regala la sorpresa non solo di essere citata ma gli riconosce anche il simbolo del Gambero. Un premio dato al grado di eccellenza delle trattorie che vanno da uno a tre. Per la guida ad andare a segno nella proposta gastronomica di questo ormai storico locale della Bassa Romagna, è la capacità di interpretare i classici della cucina italiana, sia di terra che di mare. Importante poi la proposta vegetale tanto è che a colpire è stato soprattutto il piatto «Cotto, crudo e marinato». Una proposta di ortaggi cucinati e utilizzati attraverso una sapiente capacità interpretativa di consistenze, di marinature e presentazioni. Molto bene il servizio che la guida giudica «attento e cordiale» e altrettanto positiva è stata definita la carta dei vini, a cui viene riconosciuta una «nota di merito» in quanto «costruita con competenza». Il locale, con circa 130 coperti più 70 all’esterno in estate, è chiuso il lunedì e le restanti giornate rimane aperto solo per la cena. fanno eccezione i giorni festivi, comprese le feste comandate, in cui ci si può sedere a tavola anche per il pranzo di mezzogiorno. Per prenotazioni è possibile contattare il numero 0545/916264.
 
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