Sanità, parla il dg Ausl Romagna Carradori: «Noi virtuosi, sistema sottofinanzaito da anni; visite specialistiche, accorceremo le liste d'attesa»

Romagna | 11 Aprile 2023 Cronaca
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Manuel Poletti - «Gestiamo al meglio da anni le risorse che abbiamo, certo serve un intervento nazionale, la sanità pubblica è sottofinanziata da oltre dieci anni. Sulle liste d’attesa abbiamo recuperato le chirurgiche, sulle specialistiche tempi più lunghi, il privato accreditato non ci supporta molto. Cantieri? A Cesena lavori dal 2024 per il grande ospedale, a Ravenna chiudiamo quello del Pronto soccorso entro il prossimo anno».
Tiziano Carradori, direttore generale dell’Ausl Romagna al secondo mandato, mette in fila le problematiche che toccano la sanità pubblica in questo 2023. Sul territorio è partita una campagna di raccolta firme su change.org che ha superato le 100mila adesioni, con in prima fila i sindaci locali, per chiedere al governo un intervento urgente di sostegno finanziario che manca ormai da troppo tempo. Come se la Pandemia non avesse insegnato nulla, o quasi.
Direttore Carradori, la crisi finanziaria della sanità pubblica non colpisce solo il nostro Paese, ma molte realtà europee. La Romagna è fra le aree più virtuose d’Italia, ma è in sofferenza come il resto della regione. Il Covid non ha insegnato quasi nulla a chi ha responsabilità di governo?
«La situazione di difficoltà finanziaria che si è manifestata con particolare acuzie negli ultimi due anni proviene da più fattori. E’ una crisi che viene da lontano e che si è inserita in una situazione tutta italiana, che da lustri vede sottofinanziata la sanità pubblica in maniera importante. Si parla di un 20-30% in meno rispetto a molti Paesi occidentali, tranne Spagna e Portogallo che sono al di sotto di noi. Questa situazione non è imputibile solo all’attuale governo, perché da almeno 15 anni avviene che esecutivi di centrosinistra o di centrodestra sottofinanzino il nostro sistema. Vanno poi aggiunti gli effetti pandemici e anche quelli bellici sul prezzo dei materiali, così arriviamo alla situazione attuale di forte difficoltà. Non è presente poi solo la criticità finanziaria, ma c’è anche una carenza nell’ambito del lavoro di alcune figure professionali».
Che cura sta adottando l’Ausl Romagna per frenare un deficit sempre più alto? Quali sono i servizi che rischiano di più in questo contesto?
«La nostra gestione è sempre stata attenta, l’organizzazione dei servizi non è  un’esclusiva delle Ausl, ma le linee di indirizzo sono regionali. Noi contiamo di fare bene ciò che da tempo stiamo facendo, cioè usare nel modo più oculato possibile le risorse che abbiamo. Questa Azienda ha una spesa pro capite che evidenzia tutta la sua efficienza: abbiamo 2 miliardi di euro di costi di produzione e 17mila unità di personale. Si può sempre fare meglio, ma in Ausl Romagna c’è già grande efficienza, il costo pro capite dei costi generali e di supporto è già molto inferiore alla media regionale. Adesso ci concentriamo in modo particolare su due fattori di spesa molto significativi, dai quali è possibile ottenere risparmi: nel campo dei farmaci e sui servizi sanitari, cercando di tutelare al massimo quello del personale. Dovrebbe bastare, ma serve un intervento nazionale di sostegno alla sanità pubblica, come spesso dichiarato dal nostro presidente della Regione Stefano Bonaccini».  
La mancanza di medici e infermieri è un dato ormai conclamato. Come affronterete nel triennio 2023-25 questa situazione? Dal corso di Medicina di Forlì-Ravenna arriveranno nuovi professionisti, ma basteranno?
«Ci manca circa il 12% di personale, 270-280 unità mediche: in particolare i medici di pronto soccorso (25%), personale di psichiatria adulti e neuro psichiatria infantile, infine gli igienisti. Stiamo per uscire con l’ottavo concorso in due anni, questo spiega lo sforzo che stiamo facendo in questo senso. Prima di andare a guardare ad altri Paesi, sottolineo che in Italia ci sono migliaia di medici che devono essere specializzati, questo è il tema. Noi dovremo consentire di fare assunzioni per il percorso di specializzazioni. Ma bisogna cambiare la norma, il governo lo farà? Non credo, purtroppo. L’Università? Sono risposte di medio-lungo termine, oggi non sono comunque sufficienti».
I progetti finanziati dal Pnrr stanno facendo i passi avanti programmati o sono messi in discussione dai rallentamenti degli iter burocratici nazionali?
«Siamo in linea, entro il 31 marzo ho adottato una delibera che ci mette nella condizione di rispettare i tempi previsti dalla normativa nazionale. Abbiamo calendarizzato  i temi delle Case di comunità, della centrale operativa e della messa in sicurezza sismica. Parliamo di progetti per centinaia di milioni di euro. Purtroppo ci sono stati incrementi dei prezzi sui materiali, variabili fra il 20-25%, per questo conteremo anche sui ribassi d’asta in fase di bando lavori, è lecito aspettarsi un miglioramento del 10% circa».
A che punto è il mega progetto per l’ospedale Cesena? Quando cominceranno i cantieri?
«Il progetto vale almeno 300 milioni di euro, non ci sono risorse dal Pnrr, ma metà sono pubbliche e metà arriveranno da un finaziamento dell’Inail. Entro la fine del 2024 è prevista la partenza lavori, l’obiettivo è quello di avere il nuovo ospedale pronto per il 2030, ce la possiamo fare, per la Romagna e non solo sarà un’opera molto importante».
Il lungo cantiere del Pronto soccorso di Ravenna invece quando terminerà? Il sindaco De Pascale aveva auspicato entro il 2023...…
«Sul Pronto soccorso di Ravenna siamo sempre stati molto chiari, anche con un passaggio recente in consiglio comunale: l’obiettivo è quello di terminare i lavori entro la fine del 2024, certo non prima».
Infine il capitolo spinoso delle liste attesa: chirurgiche e specialistiche, a che punto siamo con il recupero delle prestazioni dopo i rallentamenti dovuti alla Pandemia?
«Negli ultimi due anni abbiamo avuto ottime performace per quanto riguarda le chirurgiche: siamo tornati allo stesso ritmo del 2019, abbiamo superato il recupero del 90% delle visite, di fatto stiamo smaltendo il 2022. Il problema principale invece rimane quello delle visite specialistiche, in questo caso abbiamo ancora delle sofferenze, anche perché il privato accreditato non riesce a darci un aiuto decisivo. C’è stato un aumento del 15% dei tempi d’attesa, nonostante un impegno davvero encomiabile dei nostri infermieri e medici».
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