Sanità «in rosso», parla il dg Ausl Romagna Carradori: «Boom dei costi, ma nessun servizio a rischio; liste d’attesa in diminuzione dopo il Covid»

Romagna | 06 Novembre 2022 Cronaca
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Manuel Poletti - «Il boom dei costi energetici pesa in Romagna come nel resto della nostra regione e non solo, ma non ci sono per ora servizi a rischio. E’ necessario invece che il sistema sanitario nazionale venga rifinanziato, non c’è dubbio. Gli operatori sanitari non vaccinati “reintegrati” torneranno al loro posto anche in Romagna, ma personalmente rimango dell’opinione che serviva l’obbligo vaccinale per loro, rientra nei loro doveri. La Pandemia fa meno paura, ma il virus circola ancora, la quarta dose va a rilento, dobbiamo accelerare».
Il direttore generale dell’Ausl Romagna Tiziano Carradori analizza così il momento particolare della sanità romagnola «in rosso» come tante altre d’Italia, dopo la conferma per un nuovo mandato avuto dalla Regione.
Carradori, il boom dei costi di energia, gas e altre materie prime che impatto stanno avendo sui conti dell’Ausl Romagna? Si rischiano anche tagli ai servizi ospedalieri?
«La situazione non si discosta dal quadro generale regionale, siamo purtroppo in linea con le altre Ausl dell’Emilia-Romagna. Abbiamo due fronti aperti: i trascinamenti dei costi Covid non ancora coperti dal finanziamento nazionale e l’aumento dei costi energetici che nessuno si aspettava in questi termini. Servizi a rischio al momento nessuno, faremo il massimo perché non succeda. Il disequilibrio economico finanziario è già stato ben rappresentato dall’assessore Donini, l’Ausl della Romagna rappresenta il 25% della Regione, è naturale che tutti noi rivendichiamo maggiori finanziamenti dal governo. Per quanto ci riguarda sul fronte energetico abbiamo adottato una serie di operazioni per risparmiare costi (luci e insegne per meno tempo accese ad esempio), inoltre l’azienda produce già oltre il 23% dei propri costi energetici ed altri lavori sono in programma entro il 2022 per installare nuovi pannelli fotovoltaici. La regione E-R è una di quelle con minor incidenza del privato accreditato, le tariffe sono rimaste uguali. La parte pubblica è oltre il 76%, soprattutto a livello ospedaliero, questo è un altro dato da tener presente in questo contesto di elevati costi».
Covid, il governo Meloni è subito intervenuto per far reintegrare il personale sanitario No Vax. Cosa ne pensa?
«L’Ausl Romagna darà corso al reintegro dei 118 dipendenti (0,7% sul totale) e dei 7 convezionati. Gli amministrativi sono già rientrati, ora aspettiamo che gli Ordini sospendano la sospensione per far rientrare medici e Oss. Personalmente non sono abituato a discutere delle norme approvate da un Governo, dico semplicemente che per un operatore sanitario fra i suoi doveri c’è quello di “non nuocere”. Chi non si è sottosposto ad una vaccinazione ha fatto una scelta quanto meno discutibile, la mia opinione era ed è a favore dell’obbligo vaccinale. Una cosa indiscutibile è che la vaccinazione ha ridotto le situazioni gravi di questa Pandemia, è sotto gli occhi di tutti. Penso che gli operatori sanitari siano tenuti a dare l’esempio. Per me c’è l’obbligo deontologico e poi c’è una funzione che deve esercitare un professionista della sanità».
Covid e varianti, il terzo inverno pandemico come sarà? Le quarte dosi dei vaccini vanno molto a rilento, perchè?
«Da questo punto di vista non bisogna fare previsioni troppo a lungo termine, la variante Cerberus è già al 50% dei casi nel nostro Paese, bisogna sempre fare attenzione. Sul nostro territorio c’è una leggera ripresa dei nuovi casi, ma la situazione dei ricoveri rimane ben al di sotto del livello di guardia. Il virus circolerà ancora, ma grazie alle vaccinazioni rimarrà marcinale. E’ vero che la quarta dose sta andando un po’ a rilento: oltre il 50% degli over 80 l’ha fatta, mentre sugli over 60 solo il 25%, mi sembra però che nelle ultime settimane ci sia un lieve incremento di chi si vaccina, ma l’andamento rimane lento».
A che punto è l’Ausl Romagna rispetto agli esami e agli interventi di altre patologie «accumulate» durante il nefasto 2020 e parte del 2021? Quando si tornerà al punto pre Covid, fine 2019?
«I fronti aperti sono due, con diverse sfumature: le prestazioni di specialistica ambulatoriale e gli interventi chirurgici. Nel 2020, come sottolineava lei, c’è stato un blocco importante: rimasero ferme circa 350mila prestazione sul nostro territorio, in questo ambito ora abbiamo già rifissato tutti gli esami, non soffriamo più per il Covid, ma per la mancanza dei medici. Rimane quindi un dato fisiologico che fatichiamo ad abbassare: recuperato il ritardo dato dal Covid, tenendo conto che mediamente ci sono 4-5 prestazioni ogni cittadino nella nostra regione all’anno, ogni settimana abbiamo decine di migliaia di richieste, quindi il percorso è ancora di leggera sofferenza. Sono eccellenti invece i risultati sugli interventi chirurgici, abbiamo ripreso la produttività del 2019, inoltre abbiamo una collaborazione col privato accreditato (per ernie, vene varicose ed altre patologie non gravi ma numericamente rilevanti) che ci permette di far scegliere i cittadini se rimanere nel pubblico o andare nel privato, ed un 25% opta per i tempi più rapidi. Ad aprile avevamo 8mila interventi a rischio ritardo fissati per legge, a fine di agosto complessivamente sono stati ridotti del 22%, gli oncologici ridotti a zero praticamente».
A che punto è il vostro Piano strategico di sviluppo strutturale e tecnologico approvato il 27 settembre 2021?
«Complessivamente abbiamo in corso interventi importanti per oltre 134 milioni di euro: il pronto soccorso di Lugo è finito, i lavori sulle terapie intensive sono in fase terminale, il potenziamento del pronto soccorso di Ravenna è in corso, come anche i progetti di alcuni “ospedali di comunità”. Poi c’è tutta la parte tecnologica e di messa in sicurezza delle strutture, anche su questa ci sono interventi in corso rilevanti».
Quali sono i progetti nel dettaglio, fra Case di comunità e ospedali?
«Nel dettaglio si tratta di un investimento per circa 60 milioni di euro (di cui una parte derivanti da fondi Stato-Regione) su: 24 Case di comunità, che ricomprendono nuove realizzazioni ma anche ampliamenti, ristrutturazioni o riqualificazioni delle sedi esistenti; 11 nuove Centrali operative territoriali (Cot), previste una per distretto, che ricadranno all’interno delle Case di Comunità e/o nei punti sanitari più distanti dai capoluoghi; 7 Ospedali di comunità (Osco), distribuiti secondo il fabbisogno degli ambiti territoriali di riferimento. La strategia messa in campo ha come obbiettivo quello di arrivare al 2026 completando tutto il piano che  si attuerà utilizzando tutti gli strumenti legislativi idonei a velocizzare le attività, che prevedono in taluni casi anche la possibilità-opportunità di rivolgersi al ‘privato’ attraverso procedure di paternariato col pubblico».
Infine, l’aumento dei costi dei materiali, che impatto sta avendo sui budget dei grandi progetti, come ad esempio il nuovo ospedale di Cesena?
«I costi sono lievitati del 20-30%, è indubbio che un impatto questo dato l’avrà sui tempi e sui modi in cui andranno “a terra” alcuni progetti. Non ci sarà nessuna cancellazione, ma qualche progetto rivisto certamente sì, d’altronde se il budget non copre più le spese non potremo fare finta di niente su tutti i fronti. Ad esempio l’intervento all’ospedale di Forlì vedrà un piano in meno coinvolto, mentre sono in corso valutazioni anche sul mega progetto del nuovo ospedale di Cesena. Intanto dobbiamo capire se dal nuovo governo ci sarà un’apertura sul fronte del rifinanziamento della sanità pubblica. Sarebbe molto opportuno dal mio punto di vista, il nostro sistema universalistico è sotto finanziato, oggi abbiamo 1500 euro di finanzamento medio pro capite in meno rispetto ad altri paesi occidentali. Il sistema sanitario italiano deve vivere un nuovo rilancio, la Pandemia ci ha insegnato almeno questo spero».
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