Rugby, Faenza, Ravenna e una Romagna che cresce: «Ci sono segnali importanti nel minirugby»
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Parlare di palla ovale alla conquista della Romagna sarebbe davvero un’iperbole vista la diffusione di uno sport che resta ancora di nicchia. Ma l’offerta, che le diverse realtà presenti e impegnate sul territorio romagnolo garantiscono ad appassionati e curiosi, è davvero di primissimo piano con un obiettivo chiaro: coinvolgere più aspiranti rugbisti possibile.
«Vogliamo attirare un numero sempre maggiore di giovani - spiega Andrea Sirotti, presidente e fondatore del Faenza Rugby - e, dopo aver fatto questo passo, serve radicare nel territorio lo sport attraverso i nostri valori di condivisione, aggregazione e sostegno». La realtà faentina è solamente una delle tante che operano in Romagna e che garantiscono una copertura quasi totale del territorio: «Il rugby romagnolo è piuttosto capillarizzato - prosegue Sirotti - e, per spiegarlo, possiamo tenere a mente la direttrice della via Emilia. Partiamo perciò da Imola, una società storica che lavora da tanti anni e con profitto. Poi Faenza, con in mezzo Lugo: noi non possiamo considerarci una società storica ma comunque, operando da 17 anni, siamo piuttosto consolidati come realtà. Troviamo poi Forlì, anch’essa storica, con accanto Forlimpopoli, più attiva sui giovani. E ancora due realtà molto importanti per il rugby in Romagna come Cesena e Ravenna, prima di chiudere il tour con Rimini e Riccione. Poco più di vent’anni fa, a parte Imola, Cesena e Alfonsine, che ha segnato gli albori del rugby nel ravennate, non c’era nulla mentre oggi siamo tanti, più o meno grandi, più o meno organizzati». Un’offerta completa, arricchita da professionisti qualificati, che si scontra con tutte le altre attività che, a livello sportivo, vengono offerte: «La Romagna - analizza il numero uno del Faenza Rugby - è parte integrante di una regione molto all’avanguardia e che ha un’offerta praticamente totale su ogni tipo di sport. L’obiettivo di tutti è diffondere il più possibile una passione, nel nostro la mania per il rugby, e quindi siamo un po’ tutti in competizione (sorride, ndr). Il post Covid ha lasciato grandi cicatrici alla voce tesserati, soprattutto nella fascia d’età tra i 15 e i 18 anni. All’opposto, invece, un incremento dei numeri, notato nella mia realtà ma è un dato che va oltre Faenza, nel minirugby fino agli under 13, in quell’età dove provi per curiosità, magari su consiglio del genitore». Un trend che fa ben sperare l’intero movimento: «La salute non è ottima - conclude Sirotti - ma ci sono segnali di ripresa e questo mi fa essere positivo in vista del futuro». (t.p.)