«Romagnia mia» a scuola, dibattito infuocato tra social e tv

Romagna | 19 Dicembre 2020 Cultura
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Federico Savini
I romagnoli, si sa, sono gente pragmatica e non amano immischiarsi nelle faccende che volano troppo più in alto di loro. Solo che qualche volta sono le faccende stesse che si presentano loro sponte e, insomma, vorrai mica lasciarle fuori!
E così, fra gli argomenti della settimana più dibattuti in rete (ma pure sui giornali e in televisione) c’è stata la proposta di legge formulata nei giorni scorsi da undici deputati leghisti, guidati da Jacopo Morrone, relativa al «Riconoscimento della canzone Romagna mia quale espressione popolare dei valori fondanti della nascita e dello sviluppo della Repubblica». Troppa grazia - devono aver pensato molti romagnoli -, perché se è indubitabile che l’inno di Secondo Casadei sia la canzone nostrana più conosciuta nel mondo, nonché un esempio fulgido di come la musica popolare sappia scavare nel profondo identitario delle comunità, che proprio abbia a che fare con i «valori fondanti della nascita e dello sviluppo della Repubblica» è un volo pindarico che non spiccherebbe neanche il più accanito degli appassionati. Anche perché Romagna Mia ha la stessa età del rock’n’roll - uscì nel 1954 di Rock around the clock di Bill Haley -, cioè 8 anni in meno della nostra Repubblica, abbastanza da avere un alibi di ferro sulla compartecipazione ai «valori fondanti della nascita e dello sviluppo della Repubblica».
D’altra parte, proprio nelle prime delle poche righe di cui si compone questo disegno di legge, i deputati promotori asseriscono che la canzone venne scritta il 1° aprile del 1906. Data curiosamente identica a quella di nascita di Secondo Casadei, che enfant prodige lo fu di certo, ma anche ai prodigi è bene porre limite, quindi è più probabile che, una volta sbucato dal grembo materno, il piccolo Secondo si sia limitato a un pianto e un vagito, magari con un accenno di melodia, chissà…
Ecco, personalmente pensavo che lo scandalo fosse tutto lì, nel macroscopico errore sulla datazione di una proposta di legge che, verosimilmente, ha goduto di un processo di revisione dei refusi al cui confronto quello di settesere fa invidia al New York Times. Ma, come sovente capita ai provinciali, sottovalutavo la capacità dei media nazionali di creare bagarre su faccende che, dalla prospettiva di un romagnolo, massimo massimo vanno archiviate entro l’ora di cena.
E invece sarcasmi di ogni tipo e autentica stizza sotto forma di elzeviro digitale hanno dilagato in men che non si dica. Fra i tanti sberleffi che si sono susseguiti a rotta di collo, segnaliamo il contributo di Max Collini - cantante della band reggiana Offlaga Disco Pax - nella prima serata La7 di Propaganda Live. Dato che la proposta di legge si chiude auspicando di inserire lo studio «della canzone Romagna mia fra le attività didattiche finalizzate alla conoscenza dei valori del proprio territorio», Collini ne ha dato un’ironica lettura con esegesi, efficace soprattutto laddove identifica nel testo «undici parole-chiave, una per deputato», ma nel complesso un po’ sbilanciata sull’antropologia emiliana. E anche se gli intenti sarcastici di Collini sono in tutto e per tutto indirizzati contro chi ha proposto la legge e non contro la canzone (per inciso, dagli eredi di Secondo Casadei non è giunta una sola parola sulla questione, se non la richiesta esplicita di Mirko di non strumentalizzare), spiace che qualcuno possa fraintendere, poiché se da una parte la poetica casadeiana della nostalgia della terra è conclamata, l’intenzione di Secondo non era assolutamente quella di fare della canzone un inno, visto che il titolo originale era Casetta mia e la modifica si deve all’intuito mercantile di un discografico (che in effetti ci vide giusto).
Non che la storia del liscio racconti di una genìa di musicisti insensibili al vil denaro (è fin troppo vero il contrario...), ma il rapporto con la politica è sempre stato del tutto pragmatico e per nulla ideologico. Lo ribadiamo perché spiace ancor di più veder tirare per la giacchetta una canzone innocente come Romagna mia, trascinata nel bel mezzo di polemiche feroci che naturalmente hanno tutt’altri obiettivi. In particolare, la proposta di Morrone & Co è stata aspramente criticata poiché rappresenterebbe «le priorità della Lega» nello scenario di oggi, dopo che il partito di Salvini aveva derubricato questioni importanti come la gestione degli sbarchi e la legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo come faccende secondarie, specie in contesto pandemico. Chi di benaltrismo ferisce, insomma, di benaltrismo perisce. E’ un contrappasso che si comprende. Speriamo solo che Romagna mia non ci finisca troppo di mezzo.
Per il resto, la storia dell’uso politico delle canzoni identitarie è vecchia quasi come il mondo, specie se l’origine di dette canzoni è popolare (vedi Bella ciao) e il testo dialettale (qualcuno ricorderà come la Lega fosse già stata implicata in polemiche simili, quando supportò la partecipazione a Sanremo di Davide Van De Sfroos con il brano Yanez, in dialetto comasco). Alle origini della musica da ballo romagnola ci sono i cameroni noleggiati da sindacati e partiti per far ballare la popolazione e molti ricordano che negli anni ’70 era consuetudine di Raoul Casadei, fra una polka e una mazurka, intonare Bandiera Rossa sui palchi delle innumerevoli Feste dell’Unità la cui colonna sonora «naturale» era proprio il liscio. Quanto a Romagna mia, basta cercare su YouTube per trovare video recentissimi nei quali sempre Raoul la canta insieme tanto a Renzi quanto a Salvini. Chissà se arriverà mai quel giorno in cui anche chi sfrutta le canzoni a fini elettorali e chi non perde l’occasione per montarci su qualche polemica sentirà «la nostalgia di un passato» nel quale bastavano quattro salti e una risata per sorvolare sulle facezie più pretestuose.

 
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