Romagna, orizzonte 2022, Roberto Bozzi (presidente Confindustria): «Non rimuginiamo sul passato, immaginiamo scenari migliori»

Romagna | 02 Dicembre 2021 Economia
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Samuele Staffa
«Io non ragionerei più guardando indietro, rimuginando sul passato: non sappiamo se e quando torneremo a un mondo paragonabile a quello che abbiamo conosciuto prima della pandemia. Magari, però, oltre l’ostacolo ci sono scenari migliori». E’ ottimista Roberto Bozzi ceo della Vulcaflex di Cotignola e da poche settimane presidente Confindustria Romagna. «Sempre nell’ottica di restare positivi, mi piace pensare che il Covid possa aver accelerato processi che diversamente avrebbero richiesto decenni: penso per esempio a tutto quello che riguarda la digitalizzazione». 
Presidente, dopo un 2020 da dimenticare, quest’anno l’economia romagnola ha conosciuto qualche segnale positivo. Quali sono stati i settori che versano ancora in situazione di sofferenza e quali, invece, stanno trainando la ripresa dell’economia romagnola?
«Il manifatturiero, le piccole e medie imprese e le multinazionali tascabili sono il motore della ripresa italiana: anche in Romagna sono questi i fattori di forza che fanno la differenza. Certo, la componente interna della domanda, grazie alle misure governative di sostegno ai redditi e di stimolo alla spesa, ha dato un contributo decisivo alla ripresa. La crescita è trainata innanzitutto dai comparti legati alle costruzioni, dove è in corso un boom di investimenti. Decisivo inoltre il basso grado di esposizione delle imprese manifatturiere alle strozzature che stanno affliggendo le catene globali del valore in questo frangente: secondo il nostro Centro studi, solo il 15,4% delle imprese nella seconda parte di quest’anno ha lamentato vincoli di offerta alla produzione per mancanza di materiali o insufficienza di impianti, contro una media Ue del 44,3% (78,1% in Germania)». 
Dal lockdown all’uscita dal blocco dei licenziamenti, come giudica la gestione dell’emergenza da parte delle istituzioni?
«A livello locale è stato fatto e si sta facendo quello che si può per fronteggiare un nemico invisibile e mutevole, con gli strumenti a disposizione. A livello nazionale, Confindustria è sempre stata per l’obbligo vaccinale, poi ci siamo resi conto delle difficoltà a trovare una sintesi e quindi abbiamo sostenuto con convinzione gli strumenti disponibili a contrastare la diffusione del virus e a tutelare la ripresa, come appunto il green pass. Ora bisognerebbe fare delle scelte coraggiose che guardino al medio-lungo periodo dal punto di vista sanitario ed economico».
E’ ottimista per il 2022? Cosa occorre, secondo lei, per il cambio di marcia?
«Sì, gli imprenditori sono ottimisti per attitudine. Per il 2022 partiamo dal presupposto che è importante non scalare la marcia attuale: poi ci sono sempre margini di miglioramento, ma con le nubi che si addensano all’orizzonte, a partire dalla variante Omicron, è già un buon risultato mantenere il passo attuale. Certo, non possiamo accontentarci: sperando che l’estate aiuti dal punto di vista sanitario, la priorità dell’anno prossimo sarà quella di concretizzare alcune delle tante idee su come utilizzare i fondi del Pnrr».
La transizione ecologica è un costo o un’opportunità?
«Ogni transizione (quella ecologica non fa eccezione) è un’opportunità: il costo è la fatica di cambiare, di uscire dalla propria comfort zone, lo sforzo di mettersi in gioco e adeguarsi ai nuovi scenari. Ma i cambiamenti sono inevitabili, e si verificano a prescindere dalle nostre resistenze o volontà: sta a noi decidere se subirli o cercare di migliorare con essi. Il primo passo sta nel capire che sono percorsi di lungo periodo, che si completano nell’arco di anni in cui vivremo in una “terra di mezzo” dove progressivamente si passa dal vecchio modello al nuovo, tenendo quanto di buono c’è del primo per approdare al secondo. L’esempio più lampante è quello del metano: occorre continuità nella produzione nazionale dal gas naturale, la fonte fossile più pulita che ha un ruolo imprescindibile nella transizione verso la decarbonizzazione. Ne abbiamo bisogno, e va utilizzata prima la produzione nazionale dell’importazione, meno impattante per l’economia e l’ambiente».
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