Romagna, Dossier Idos immigrazione: «In provincia di Ravenna calano gli stranieri, ma sono radicati meglio»

Federica Ferruzzi
Al 31 dicembre 2020, secondo i dati provvisori forniti dall’Istat, i cittadini stranieri residenti in Emilia-Romagna erano 537.556, ovvero il 12,1% della popolazione complessiva, dato pressoché in linea con quello dell’anno precedente. Non lo stesso si può dire, invece, per la provincia di Ravenna, dove la diminuzione in percentuale (-2,1%) rispetto al 2019 è stata particolarmente significativa. I dati sono emersi nell’ambito della presentazione del dossier statistico immigrazione 2021 presentato a Ravenna il 4 dicembre. Tra i protagonisti di quella giornata, insieme al docente universitario Valerio Vanelli, anche Luca di Sciullo, presidente nazionale Idos centro studi e ricerche a cui abbiamo chiesto un’analisi della situazione.
I NUMERI
Se si esamina Ravenna, questa provincia è tra quelle con la minor presenza di stranieri sul territorio, con una percentuale pari all’11,3%. La comunità più numerosa è quella romena e come nelle altre province della regione si nota una prevalenza femminile. «Il calo drastico registrato in questo territorio - analizza Di Sciullo - presumo sia dovuto a varie ragioni: forse qui più che altrove ci sono stati stranieri non comunitari provati dal Covid che sono scivolati nell’irregolarità o che si sono spostati in province limitrofe. Ravenna, inoltre, è la terza provincia per numero di acquisizioni di cittadinanza, nel 2020 sono state 2.166, e anche questo avrà influito, in quanto chi diventa cittadino esce ovviamente dal conteggio degli stranieri».
IL MODELLO ADRIATICO
«L’Emilia-Romagna - spiega Di Sciullo - è una delle regioni che attira molti migranti per ampiezza, ma anche per via di un tessuto economico produttivo e dinamico che ha la possibilità di impiegare stranieri. Fa parte del cosiddetto Modello Adriatico, caratterizzato da una produzione basata sulla piccola e media impresa. Questo modello si è affermato nei decenni scorsi, ha superato la crisi del 2008 e ha fatto più o meno fronte alle difficoltà causate dal Covid: i tre quarti della forza lavoro straniera viene assorbita da imprese di questo settore».
NON COMUNITARI IN CALO
La percentuale di stranieri presenti in Emilia-Romagna è una delle più alte nel panorama nazionale, ma nell’anno del Covid è stata registrata una flessione molto significativa dei non comunitari. «Questi numeri sono in discesa dal 2017, ma nell’ultimo anno si è scesi al di sotto dei 400mila. Le ragioni sono la chiusura delle frontiere sia in entrata che in uscita, un afflusso di migranti in calo ed una minore resa dei servizi. La chiusura degli uffici per il rinnovo dei permessi di soggiorno, per l’iscrizione a scuola, per ricevere servizi legati ad esempio al sistema sanitario, ha obbligato a ricorrere all’on line, di conseguenza per molte di queste persone le prestazioni sono diventate inaccessibili: chi ha visto scadere il permesso ha avuto difficoltà anche pratiche nel rinnovarlo. Per tutti, inoltre, c’è stata una restrizione occupazionale. Nel 2020, infine, abbiamo assistito ad una regolarizzazione “lumaca” che ha tenuto nel limbo molti stranieri». Meno stranieri in uscita ma anche meno in entrata, con conseguente carenza di manodopera. «Meno migranti, infine, li abbiamo registrati anche nei sistemi di accoglienza: nell’ultimo anno e mezzo, tra fine 2019 e giugno 2021, il calo è stato intorno al 16,5%. Non solo sono entrati meno di rifugiati, ma ne sono anche fuoriusciti senza ricambio. Questo ha prodotto piccoli ghetti che hanno inevitabilmente causato sfruttamento».
DATI CONFORTANTI
Dal quadro emergono anche dati confortanti, come quelli legati al radicamento. «In proposito - procede Di Sciullo - si segnala una sorta di maturità dell’immigrazione in regione, sintomo di grande stabilità sul territorio». Uno degli indicatori di questo fenomeno è l’alta percentuale di bimbi stranieri, che sul totale dei nati incide per un quarto. «Si tratta di un dato interessantissimo non solo perché aumenta la natalità, ma anche perché sottende che ci sono famiglie che fanno bimbi e che quindi si sono stabilizzate: cullano un progetto di radicamento in misura più consistente rispetto alla media nazionale». Un dato positivo che si aggiunge all’alto tasso di acquisizione della cittadinanza data da una residenza di oltre 10 anni o perché sposati con partner italiani. «Altro dato confortante - conclude il presidente - sono gli studenti stranieri iscritti alle scuole regionali: qui i nati in italia sfiorano il 70%, il tasso più alto della media nazionale».